Spettacoli

La traviata – Teatro Massimo Bellini, Catania

Potrebbe sembrare scontato iniziare una recensione ripetendo per l’ennesima volta che per il ruolo di Violetta occorrerebbero tre soprani diversi, uno per atto, poiché è come se il personaggio stesso lo richiedesse, ma in questo caso non lo è. Lo si ripete ugualmente per il lettore distratto: la Violetta salottiera del primo atto si presterebbe alla vocalità di soprano leggero; nel secondo a quella di soprano lirico, adatto ad una donna innamorata e costretta a staccarsi dal suo grande amore dalle convenzioni borghesi; nel terzo a quella di soprano drammatico per la tragicità degli eventi e la morte straziante della protagonista.

In realtà, a Catania, giorno 1 dicembre 2023, La Traviata andata in scena non ha risposto nella figura della protagonista ai tanto decantati “modelli” di tradizione, seguendo una scelta intelligente, messa in atto dalla Direzione Artistica del Teatro Catanese…E si tornerà più avanti sull’argomento.

Intanto, da sottolineare sul podio la presenza del grande José Cura, in veste di Maestro Concertatore e Direttore d’Orchestra.

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Il Maestro Cura ha, come tutti i direttori d’orchestra che hanno anche cantato, una marcia in più dal punto di vista dell’immedesimazione con i problemi che l’orchestra, spesso spinta a volumi troppo elevati da rampanti Maestri forse di tradizione più sinfonica che operistica, può potenzialmente provocare agli interpreti sul palcoscenico. Dunque, la sua è stata una direzione pacata, moderata, invero un po’ avara di attacchi, ma assolutamente scevra da ogni zum-pa-pà di desolante tradizione verdiana. Il Maestro ha anche lievemente rallentato i tempi in alcune parti, per evitare proprio questo annoso problema rispetto ad altre parti più liriche e cantabili, nel contesto dell’intera opera. Gli si possono attribuire, dunque, scelte di gusto che non hanno mai travalicato il livello di guardia richiesto dalla partitura.

A risolvere l’annosa diatriba di cui sopra, che coinvolge il personaggio della protagonista, una Daniela Schillaci, Violetta, che è stata capace di stupire il pubblico degli intenditori.

Tale diatriba, come prima accennato, ha da sempre coinvolto la vocalità di Violetta e dire, come scriveva il compianto musicologo Gustavo Marchesi che “Verdi riutilizza il modello del soprano lirico drammatico d’agilità non risolve certo il problema dei “modelli” vocali del soprano: chi sia capace di rispondere pienamente ai requisiti di tale ipotetico “modello”?

Il problema sudetto è spesso stato risolto, invece, per tradizione, da soprani lirico/leggeri, che spingendosi al drammatico al terzo atto, in un certo senso si creavano via libera per il primo atto, lì dove si richiederebbe quel soprano “leggero, civettuolo e salottiero”, che sia capace di lanciare acuti anche non scritti, ormai di tradizione.

In effetti, però, chi scrive non ha mai amato le nette distizioni nella vocalità del soprano, ritenendo che, al di là di qualsiasi codificazione, ogni artista abbia la propria voce, la propria indole, il proprio carattere e possa piegarsi e modellarsi come sia capace di fare secondo i propri studi, la propria esperienza e sensibilità e soprattutto assecondando l’individualità della propria voce, rispetto a quelle di tutte le altre cantanti.

E dunque proprio qui sta il punto nodale di questa Traviata catanese, che ha corso il rischio di spiazzare quella parte del pubblico dei melomani assuefatti ai modelli delle proprie infinite collezioni di dischi in vinile, quelli cioè fautori di una Violetta che affronta il primo atto (il più amato e celebrato) come un usignolo e poi prosegue, magari scurendo la voce, come se il secondo ed il terzo fossero di minore importanza e difficoltà.

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Daniela Schillaci

Quindi, è d’uopo sottolineare che Daniela Schillaci, la cui vocalità volge oggi e si attesta su ruoli di robustezza anche drammatica, avendo già in carniere debutti come quello di Abigaille, Odabella, Lady Macbeth e della principessa Turandot (con la quale inaugurerà la ventura stagione 2024 del Massimo Teatro catanese) si avvicina più di molte altre interpreti al “modello” citato dal Marchesi e possiede ancora lo squillo che l’ha resa celebre fin dall’inizio della carriera, anche come Violetta. Ecco, dunque, venir fuori l’unicità dell’artista, che non può essere “codificata”, unicità che è stata colta nell’affidare il ruolo alla cantante siciliana.

Chi scrive ebbe a vederla e recensirla a Palermo, in questo medesimo ruolo, diversi anni fa; e, dopo aver assistito alla recita catanese di cui si tratta, conclude che la Violetta di oggi della Schillaci è superiore a quella di allora.

Un gran bagaglio di studio e di passione, uniti all’esperienza, hanno generato una protagonista che è stata capace di superare il primo atto con caparbia capacità tecnica, con infinita competenza, attenzione e studio, insieme a quella “lama” che trapassa qualsiasi ostacolo e sottolinea un capacità di proiezione fuori dal comune, consentendole ancora oggi di lanciare acuti squillanti; ed a quella finezza di emissione che le consente filati da ricamo. Secondo e terzo atto, in piene sue corde e vocalità, sono stati cesellati anch’essi e portati al debito rilievo vocale, anche con esperienti capacità d’arte scenica, fornendo un risultato credibile ed elegante.

Al suo fianco un Alfredo al debutto, Giorgio Misseri, che ha ancora da farsi le ossa in questo ruolo; un po’ spaesato, ma in crescita durante la recita.

Giorgio Germont aveva la voce, la capacità e l’esperienza di Franco Vassallo, applauditissimo dal pubblico catanese; un po’ carente d’appoggio la Flora di Elena Belfiore; registicamente stranamente civettuola l’Annina di Sonia Fortunato.

Corretti tutti gli altri interpreti, esperiente e ben collaudato nella parte il Coro del Teatro catanese, diretto dal M° Luigi Petrozziello.

La celebre “Traviata degli specchi”, creata dallo scenografo Josef Svoboda nel 1992 per la produzione dell’Opera allo Sferisterio di Macerata, con la regia di Henning Brockhaus, ha dato un fascino volutamente un po’ voyeristico, ma d’effetto allo snodarsi delle vicende dell’opera, che è la più rappresentata della storia del Melodramma.

Il Brockhaus ha dato modo agli interpreti di esprimersi con coerenza e buon gusto, mentre, nello stesso tempo, la grande parete  specchiata di fondo, con le luci dello stesso Brockhaus, creava illusioni ottiche di indubbio fascino, soprattutto quando erano in scena al secondo atto i danzatori della festa in casa di Flora, guidati dalle coreografie di Valentina Escobar.

Per concludere, quindi, una Traviata efficace, con un sold out già annunciato per tutte le recite e un pubblico plaudente che vede ormai, oggi, al turno A, gente di età, gusto ed estrazioni diverse; atmosfera condita dalle eleganti crinoline di un gruppo di dame figuranti che accoglievano all’ingresso gli spettatori.

Natalia Di Bartolo

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Daniela Schillaci e Giorgio Misseri

9 dicembre 2023. Il Teatro Massimo Bellini di Catania conclude la stagione lirica 2023, contrassegnata da grande successo di pubblico e di critica, ospitando l’edizione di uno spettacolo ormai divenuto leggendario: La traviata verdiana messa in scena nel 1992 dal regista di fama internazionale Henning Brockhaus nell’allestimento creato dal geniale maestro della scenografia del ventesimo secolo Josef Svoboda per lo Sferisterio di Macerata. L’Orchestra dell’Ente lirico etneo vede sul podio un celebre artista , José Cura, direttore d’orchestra oltre che tenore di chiara fama. Maestro del coro Luigi Petrozziello; costumi di Giancarlo Colis, coreografie di Valentina Escobar, luci dello stesso Brockhaus. Allestimento della Fondazione Pergolesi Spontini di Jesi.

Nel ruolo del titolo il soprano Daniela Schillaci, in quello di Alfredo il tenore Giorgio Misseri, in quello di Giorgio Germont il baritono Franco Vassallo.

Si tratta di una produzione, nota come “La traviata degli specchi”, che è stata ripresa moltissime volte in Italia e all’estero nei teatri più prestigiosi, sempre con esiti memorabili, e che può dunque degnamente celebrare la dichiarazione del canto lirico italiano quale Patrimonio immateriale dell’Umanità per decisione dell’Unesco. Un riconoscimento importantissimo che consacra il melodramma italiano come forma d’arte d’eccellenza ed elemento fortemente identitario che diffonde la lingua e la cultura del nostro paese nel mondo.

La presenza di una grande parete specchiante che riflette la scena è lo straordinario espediente teatrale che contribuisce a far sentire il pubblico parte integrante della rappresentazione, lo attrae magicamente in una spirale di emozioni per rivivere ancora una volta l’immortale, tragica storia d’amore tra Violetta Valéry e Alfredo Germont, il melodramma in tre atti composto da Giuseppe Verdi su libretto di Francesco Maria Piave, tratto a sua volta dal dramma La Dame aux camélias di Alexandre Dumas figlio.

La lettura registica di Brockhaus, artista dal raffinato talento che ha anche un’esperienza musicale, sposta in avanti l’ambientazione nel primo Novecento della lussuosa e lussuriosa Belle Epoque, ispirandosi alla pittura di Giovanni Boldini per raffigurare l’opulenza ma anche il declino decadente del demi-monde parigino, un ambiente sociale ibrido, eterogeneo che non è né borghesia né autentico gran mondo. Il totalizzante specchio che fa da quinta teatrale per l’intera durata della recita crea una scenografia cangiante e diventa metafora interpretativa della realtà narrata, dell’inafferabile felicità cui aspira la sventurata Violetta, moltiplica spazi e personaggi in un riverberante gioco di riflessi che coinvolge tutti, artisti in scena e spettatori. Poiché l’Opera è il tempio consacrato alla musica e al canto persino le voci diventano per noi voci allo specchio, nel senso della ricchezza e ampiezza di sonorità e melodia, nel senso dell’ineffabile, straordinaria esperienza d’ascolto condiviso che offre al pubblico l’occasione per riflettere sul significato profondo della vita, dei sentimenti che la animano e della morte che pone drammaticamente fine ad ogni evento.

La struggente partitura verdiana esalta il libretto di Piave, focalizzato sulla libertà di amare negata da convenzioni sociali insuperabili per i contemporanei del compositore. La lettura orchestrale che di questo capolavoro musicale dà il direttore José Cura è assolutamente accurata, attenta ai tempi, densa di passione e trasporto. Dal nostro palco, che ci permette una visione dell’intera orchestra, abbiamo il privilegio di seguire fin dalla prima battuta il gesto elegantissimo, ispirato, delicato del maestro Cura che, essendo anche abile cantante e compositore dotato di intelligenza analitica e sapienza musicale, costruisce un rigoroso e costante dialogo ben calibrato tra l’esecuzione degli orchestrali in buca e quella dei cantanti sul palcoscenico. Ne risulta un’ottima prova dell’orchestra nonché degli interpreti e del coro del Teatro Massimo Bellini.

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Sul versante del cast vocale un posto di tutto rilievo è quello del soprano Daniela Schillaci nei panni di Violetta, protagonista dell’opera. Cantante con un curriculum internazionale di altissimo livello che si arricchisce dell’ennesimo trionfo con questa interpretazione, la Schillaci incarna perfettamente il ruolo della giovane donna di mondo regina del suo elegante salotto parigino e forte del fascino che esercita sui tanti ammiratori; fin dal primo atto l’artista sfodera un maturo strumento vocale eseguendo agilmente ogni nota prescritta in partitura con una vivacità brillante e luminosa, con un virtuosismo tecnico che si esprime magistralmente nei superlativi vocalizzi e nelle fioriture di Sempre libera. La voce si fa più intensa e drammatica seguendo il cambiamento che Violetta compie nella propria vita per amore (commovente come una disperata, sconsolata preghiera il suo Amami,Alfredo) fino a giungere al canto dolente, quasi sussurrato a mezza voce, del tragico finale. Per l’intensa interpretazione, l’appassionata esecuzione, lo stile e l’eleganza in scena Daniela Schillaci riceve lunghi, ripetuti, meritatissimi applausi da parte del pubblico in sala.

Molto positiva anche la prova di Giorgio Misseri che dà corpo e voce al protagonista maschile dell’opera, Alfredo. Il tenore risulta assai convincente sia sul piano interpretativo che attoriale: si distingue per una vocalità ampia, decisa, brillante e per il lavoro di introspezione psicologica del suo personaggio.

Altra figura maschile fondamentale per lo svolgimento della storia è quella del padre di Alfredo, Giorgio Germont, interpretato dal baritono Franco Vassallo, vocalmente e scenicamente perfetto nel ruolo. La sua voce calda, versatile, dal timbro grave e robusto, dalla ricca tessitura, ben esprime la complessità e drammaticità del personaggio e giustifica ampiamente il grande successo personale decretato da ripetuti applausi a scena aperta.

Degna di spicco anche la solida vocalità di Elena Belfiore nei panni di Flora, buona la prova di Sonia Fortunato che spinge sul registro acuto nel ruolo di Annina. Apprezzabile anche tutto il resto del cast: Massimiliano Chiarolla (Gastone), Gianluca Lentini (Barone Douphol), Dario Giorgelè (Marchese D’Obigny), Gaetano Triscari (Dottor Grenvil), Francesco Napoleoni (Giuseppe), Alessandro Martinello (un domestico), Daniele Bartolini (un commissionario). Di notevole impatto gli splendidi costumi di Giancarlo Colis che donano allo spettacolo una policromia luminosa e le bellissime coreografie di Valentina Escobar.

Ciò che rende grande questa Traviata e in generale il teatro musicale di Verdi è il suo sguardo alla contemporaneità, la coscienza che è la società cinica, insensibile, indolente, a provocare il tragico epilogo delle vicende di Violetta Valéry. Il grande specchio di Svoboda resta un’intuizione acutissima proprio perché sta lì silenzioso, in un presente continuo che ci chiede di amplificare la nostra attenzione verso gli altri e riflettere sulle nostre responsabilità. Una Traviata da ascoltare e da vivere con gli occhi, con le orecchie, con il cuore, con l’emozione, con l’anima tutta. Applausi, applausi, applausi.

Norma Giuca

La traviata
Opera in tre atti  su libretto di Francesco Maria Piave
Musica di Giuseppe Verdi

Violetta Daniela Schillaci
Flora 
Elena Belfiore
Annina
 Sonia Fortunato
Alfredo Germont
 Giorgio Misseri
Giorgio Germont 
Franco Vassallo
Gastone
 Massimiliano Chiarolla
Barone Douphol 
Gianluca Lentini
Marchese d’Obigny 
Dario Giorgelè
Dottor 
Grenvil Gaetano Triscari
Giuseppe 
Riccardo Palazzo

Orchestra, Coro e Tecnici del Teatro Massimo Bellini
Direttore José Cura
Maestro del coro Luigi Petrozziello
Regia Henning Brockhaus
Scene Josef Svoboda
Costumi Giancarlo Colis
Coreografie Valentina Escobar
Allestimento della Fondazione Pergolesi Spontini di Jesi