Spettacoli

Eduardo e Cristina – Vitrifrigo Arena, Rossini Opera Festival

Ultima opera mancante dal lungo e impegnativo catalogo delle edizioni critiche della Fondazione Rossini, finalmente anche Eduardo e Cristina approda sul palcoscenico del ROF.

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Anastasia Bartoli

Dopo la scomparsa dalle scene ottocentesche è stata rappresentata soltanto in due occasioni al Festival di Bad Wildbad; ora l’esecuzione a Pesaro segna la chiusura di un cerchio per l’intera manifestazione, ma al tempo stesso l’inizio di nuove avventure che si presenteranno con la continua ricerca e scoperta di celati materiali rossiniani.

Lo spettacolo fortemente onirico di Stefano Poda, perfettamente costruito sotto ogni punto di vista, affronta il dramma in maniera decisamente romantica, quasi a dimostrare il grande contributo di Rossini alla nuova corrente musicale del tempo. Il lavoro svolto dal regista – che firma anche scene, costumi, luci e coreografie – dona un senso di unità che trova la sua massima espressione nell’amore come autore di movimento del tutto. Bravissimi i danzatori che riempiono il palcoscenico con una incredibile professionalità e prontezza d’animo.

Daniela Barcellona veste a Pesaro il suo ennesimo “primo” ruolo in edizione critica, nonché il suo ennesimo ruolo en-travesti, portando in scena un Eduardo statuario sotto ogni punto di vista, soprattutto nello stile, dimostrando ancora una volta di essere l’assoluto punto di partenza per l’interpretazione di un “nuovo” personaggio rossiniano.

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Daniela Barcellona

Anastasia Bartoli è una Cristina di carattere, praticamente perfetta nell’aria di secondo atto e nel recitativo che la precede. Nel resto dell’opera, pur essendo molto ben cantato, non porta un adeguato gusto rossiniano, ragion per cui appare un po’ slegata dal resto. La sua vocalità drammatica aiuta indubbiamente a percepire la differenza tra quest’opera e le altre da cui provengono i temi musicali, ma sarebbe preferibile una maggiore omogeneità di stile. In poche parole: se avesse cantato tutta l’opera come “Ah no, non fu riposo!” sarebbe stata impeccabile.

Enea Scala è un Carlo di tutto punto: ottima resa del personaggio, eccellente interpretazione vocale, eloquente nel fraseggio, chiaro nell’intenzione, saldo nei centri, ben radicato nei gravi, svettante in acuto, si riconferma tenore rossiniano di riferimento.

Bravi Grigory Shkarupa e Matteo Roma nelle parti di Giacomo e Atlei.

Molto bene anche per la direzione di Jader Bignamini alla guida dell’eccellente Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI, che punta sull’effetto pur sapendo mantenere gusto ed eleganza.

Bravo il Coro del Teatro Ventidio Basso guidato da Giovanni Farina.

Indiscutibilmente insostituibile la collaborazione del preparatissimo Giulio Zappa.

William Fratti

Finalmente anche Eduardo e Cristina fa il suo debutto al Rossini Opera Festival. Si tratta, in realtà, di un triplice debutto in quanto questa produzione segna la prima volta del titolo in Italia e, soprattutto, la prima esecuzione dell’edizione critica della Fondazione Rossini (a cura di Andrea Malnati e Alice Tavilla). Eduardo e Cristina, opera seria in due atti su libretto di Andrea Leone Tottola e Gherardo Bevilacqua Aldobrandini, viene rappresentata al Teatro San Benedetto di Venezia il 24 aprile 1819. Fu un grande successo all’epoca, ma dopo pochi anni il titolo sparì dalla circolazione e verrà ripreso, almeno in epoca moderna, solo nel 1997 al Rossini Festival di Bad Wildbad. L’opera, come spesso accadeva a quel tempo, è definita un “centone” per la presenza, all’interno della sua struttura musicale, di brani tratti da altre composizioni preesistenti, in questo caso dello stesso Rossini. Nello sviluppo dello spartito non è dunque così infrequente riconoscere pagine già musicate in Adelaide di Borgogna (azzeccatissima, dunque, la scelta di poter confrontare i due titoli all’interno della stessa edizione del Festival quest’anno), Ermione, Ricciardo e Zoraide e, ancora, Mosè in Egitto. Questi brani vengono, tuttavia, ripensati con una nuova forza espressiva e, sapientemente combinati tra loro, danno luogo ad una partitura che non manca di affascinare e di conquistare il pubblico, come testimoniato dai calorosi applausi a scena aperta e al termine.

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Enea Scala

La messa in scena di questo titolo, tanto particolare, quanto atteso al ROF, viene affidata al regista Stefano Poda che, come di prassi per i suoi spettacoli, ne cura regia, scene, costumi, luci e coreografie. Lo spettacolo di Poda è una vera e propria installazione, ricca di simbologie cariche di suggestione, pur non sempre intelligibili da parte del pubblico. La scena è occupata da una gigantesca struttura a ferro di cavallo, una sorta di grande gabbia che circoscrive lo spazio dell’azione. Al suo interno, un evidente rimando al mondo ellenico e romano, ben sottolineato da resti di colonne e statue di corpi umani, collocati ora sul fondo, come tanti resti caduti a terra dopo una battaglia, ora ai lati del palco, come avatar mummificati pronti ad essere risvegliati per scendere in guerra, fra questi è ben visibile la riproduzione della berniniana Dafne. Il colore dominante è il bianco, dalla purezza degli elementi scultorei, al candore abbagliante delle fredde luci. Gli stessi personaggi indossano, per gran parte della vicenda, cappotti chiari e hanno il viso coperto di cerone. Unica nota di colore è rappresentata dagli splendidi copriabiti damascati di Cristina e Carlo e dalla tunica nera indossata da Eduardo e dai suoi fedeli armigeri. I movimenti dei protagonisti sono accompagnati quasi costantemente da coreografie affidate a mimi di eccezionale bravura. A tal proposito va rilevata la straordinaria fluidità nei movimenti di questi figuranti, l’espressività dei loro volti, la leggerezza delle movenze; una prestazione di encomiabile livello premiata, giustamente, dall’entusiasmo generale del pubblico al termine della recita. Uno spettacolo riuscito, nella sua estetica, per la sua capacità di sovrapporsi al soggetto musicale sottostante, quello rossiniano appunto, rivitalizzandone la forza drammaturgica che, nel caso specifico, non risulta sempre di pregnante incisività. Potremmo citare diversi momenti dello spettacolo, ma uno merita una menzione particolare. Nel finale, infatti, alcuni figuranti ricongiungono degli enormi cubi (presenti sul palco per tutto il secondo atto) contenenti una riproduzione del celebre Bacio di Rodin: perfetta allegoria della ritrovata felicità dei due protagonisti dopo lo scioglimento del dramma.

A guidare il versante musicale dello spettacolo è chiamato il Maestro Jader Bignamini che, attraverso una lettura asciutta e ricca di sfumature, restituisce il giusto lustro a questa composizione del Cigno pesarese. I passaggi di sapore militaresco, su tutti l’ingresso di Eduardo e, ancora, il combattimento finale, sono guidati con infiammato ardore, mentre quelli più intimi, inerenti il dramma di Cristina e il suo rapporto con il padre, sono esaltati da un nitido tappeto sonoro intriso da un turbinio di passioni che annoverano ora malinconico struggimento ora irrequieto smarrimento. Sotto il gesto di Bignamini, l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai brilla per nitore e politezza creando un accompagnamento ideale, per timbrica e volume, per le voci presenti in palcoscenico.

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Daniela Barcellona, Grygoryi Shkarupa, Enea Scala e Anastasia Bartoli

Nel ruolo di Eduardo, troviamo Daniela Barcellona, autentica beniamina del ROF. Forte di una frequentazione ultraventennale di questo repertorio, Barcellona vanta una profonda conoscenza della tecnica e dello stile rossiniano, come testimoniato dal perfetto controllo a tutte le altezze e dalla incisività del fraseggio. La linea vocale ha forse perso un tantino di elasticità, ma il mezzosoprano è artista di grande intelligenza e sa impiegare l’emissione ai fini di una espressività di grande caratura teatrale. Encomiabili sono, del pari, il canto sul fiato, specie nei duetti con Cristina, e la fermezza del canto di coloratura.

Al suo fianco debutta a Pesaro, nel ruolo di Cristina, Anastasia Bartoli, in possesso di una vocalità di indubbia bellezza per volume ed impasto timbrico. Il soprano domina la parte con massimo impegno, aggredisce il fraseggio con forza (si pensi al recitativo di ingresso) sapendo trovare, ove richiesto evidenti morbidezze (aria di secondo atto). Se il canto di coloratura non esprime alla perfezione lo stile rossiniano, la forza del declamato e il fascino della presenza scenica contribuiscono a creare un personaggio a tutto tondo, sempre credibile ed incisivo.

A completare il terzetto dei protagonisti il Carlo di Enea Scala. Il tenore torna così alla kermesse pesarese dopo il successo riscosso lo scorso anno in Otello. Ancora una volta si può apprezzare la facilità con cui il tenore, dal personalissimo impasto timbrico, si muove nello stile rossiniano tipicamente baritenorile, passando dai gravi, sonori e ben appoggiati, al registro acuto squillante e sicuro. Sempre sorvegliato e preciso il canto di coloratura. Anche nel suo caso va sottolineata la forza espressiva e l’incisività del fraseggio che ben rappresenta il dissidio interiore di questo genitore dilaniato dalla rabbia e dal tormento. L’esecuzione dell’aria di primo atto “d’esempio all’alme infide”, con la sua complessa quanto terribile scrittura, rappresenta uno dei vertici esecutivi della serata.

Matteo Roma infonde in Atlei la luminosità di una linea caratterizzata da buona musicalità e pregevole squillo. Il tenore, inoltre, si disimpegna al meglio nell’esecuzione della difficile aria “Da nume sì benefico”.

Grigory Shkarupa interpreta il personaggio di Giacomo con vocalità sonora e dal piacevole colore notturno, pur risultando talvolta da rifinire sotto il profilo meramente stilistico.

Il Coro del Teatro Ventidio Basso, sotto la direzione del Maestro Giovanni Farina, affronta con la giusta intensità e professionalità i diversi interventi previsti in partitura.

Vivo successo al termine per tutti gli artefici della parte musicale.

Marco Faverzani | Giorgio Panigati

Carlo ENEA SCALA
Cristina ANASTASIA BARTOLI
Eduardo DANIELA BARCELLONA
Giacomo GRIGORY SHKARUPA
Atlei MATTEO ROMA
CORO DEL TEATRO VENTIDIO BASSO
Maestro del Coro GIOVANNI FARINA
ORCHESTRA SINFONICA NAZIONALE DELLA RAI

Eduardo e Cristina
Dramma per musica in due atti di T.S.B.
Musica di Gioachino Rossini
Edizione critica della Fondazione Rossini, in collaborazione con Casa Ricordi, a cura di Andrea Malnati e Alice Tavilla

Direttore JADER BIGNAMINI
Regia, Scene, Costumi, Luci e Coreografie STEFANO PODA
Regista collaboratore PAOLO GIANI

materiali stampa forniti dal Rossini Opera Festival