Spettacoli

Zelmira – Rossini Opera Festival

La musica al centro. È questo il primo impatto di Zelmira all’Auditorium Scavolini, spazio fortemente inadatto all’opera, ma che in questa veste trova un certo significato.

Lo spettacolo creato da Calixto Bieito è talmente introspettivo, interiormente logorante, che si dimenticano i pericolosi gradoni di cemento armato senza corrimani adeguati, le sedute indegne anche per uno stadio anni Novanta o le code negli unici due bagni a disposizione di oltre mille spettatori.
Bieito non racconta la storia, ma i sentimenti e le emozioni che la accompagnano. Un tripudio di concetti che non è così necessario comprendere fino in fondo, poiché ciò che importa davvero è quanto arriva al proprio animo.
Ottima la direzione di Giacomo Sagripanti alla guida dell’Orchestra del Teatro Comunale di Bologna, sempre sulla punta, anche nei tratti più patetici, in perfetto stile rossiniano.

Gianluca Margheri, Lawrence Brownlee


Anastasia Bartoli è una Zelmira superlativa. La sua vocalità si sposa benissimo coi ruoli Colbran, non solo per la tecnica solida, le agilità ben sgranate o gli accenti drammatici, ma anche per la capacità di fraseggiare in maniera incredibilmente eloquente. La sua è una prova in continua crescita.
Altrettanto straordinario è l’Antenore di Enea Scala, che si riconferma baritenore rossiniano per eccellenza. Scala risolve la difficile parte pirotecnica con estrema disinvoltura, duttilità ed elasticità, squillante in acuto e saldo nel grave. L’interpretazione è da manuale, divisa tra la prepotenza del conquistatore e la debolezza di una mente confusa, malata, estremamente infantile, che riesce a comandare solo per mano di Leucippo.
Fantastico oltre ogni misura è Lawrence Brownlee nel ruolo di Ilo, che dopo la cavatina ottiene un vero e proprio successo personale. La sua facilità all’acuto, la morbidezza dell’emissione, l’attenzione alla bellezza e purezza del suono, fanno di lui un esecutore eccelso, che dovrebbe essere invitato più spesso a Pesaro. Pure riuscitissimo è il personaggio, racchiuso nel suo disturbo post traumatico da stress.

Anastasia Bartoli, Marko Mimica

Bravissima anche Marina Viotti, che si prodiga in dolcissimi passaggi musicali che contrastano in modo toccante con un personaggio scisso tra l’amore per il figlio di Zelmira che protegge e la prigione in cui si sente costretta dal dovere.
Benissimo per il Polidoro di Marko Mimica, che porta con sé il peso di un’istituzione scultorea ormai morta. Pure molto bene per il Leucippo di Gianluca Margheri, che non sfoggia il suo bronzeo fisico solo per il piacere estetico degli spettatori meno attenti, ma rappresenta la forza, il dispotismo e il totalitarismo di Antenore che, annegato nella sua puerilità, non sarebbe in grado di comandare senza il suo braccio destro.
Buona la prova di Paolo Nevi nel ruolo di Eacide e di Shi Zong in quello del Gran Sacerdote che qui veste i panni di un guru allucinato che non porge ad Antenore la corona, bensì una scatola vuota come la sua anima.