Interviste 2020

Intervista a Olga Peretyatko

In occasione della nuova produzione di Lucia di Lammermoor, titolo inaugurale della stagione 2019/2020 del Gran Teatro di Montecarlo, incontriamo Olga Peretyatko, soprano di fama internazionale che qui veste i panni dell’infelice eroina donizettiana.

Sig.ra Peretyatko, il suo debutto avviene nel coro del Marinskij, e la sua formazione si completa poi a Berlino. Dei suoi anni di studio, quale insegnamento ricorda con maggiore affetto, quale le è stato più utile? 

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Olga Peretyatko

A San Pietroburgo ho studiato come Maestra del coro e ho anche cantato nel coro dei bambini del Teatro Marinskij dove ho voluto assolutamente entrare per un’opera che amo particolarmente: “Carmen”. Poi sono andata a Berlino a studiare canto. La ragione di tale scelta era che lo studio nel conservatorio era gratuito e per i giovani cantanti questo era ovviamente molto importante. Ho studiato con la professoressa Brenda Mitchell che mi ha dato tantissimo, mi resta impresso un suo insegnamento: ci ripeteva sempre di essere indipendenti, che oltre a seguire le sue lezioni dovevamo essere molto attivi nella ricerca di ingaggi in concerti e quant’altro per maturare esperienza. Proprio di questo ha bisogno un giovane debuttante: cantare il più possibile davanti al pubblico.Dopo tre anni di conservatorio, sono andata all’Opera Studio del teatro di Amburgo dove eravamo praticamente parte dell’Ensemble e abbiamo interpretato tutti i ruoli piccoli tipo Papagena (“Die Zauberflöte”), Barbarina (“Le Nozze di Figaro”) ecc.; a volte ci hanno dato anche ruoli importanti: ho cantato anche Oberto in “Alcina” (con tre arie!), e poi mi hanno affidato il ruolo di Marie nell’opera “Zar und Zimmermann”. Nel frattempo ho fatto i miei primi concorsi, per esempio quello di Belcanto dove ho visto per la prima volta Joan Sutherland, il mio grande kumir (idolo in russo ndr), una grande stella e ho potuto anche parlare con lei. In seguito ho partecipato alla competizione Opera debut e anche Operalia (tutto questo nel 2005/2007) e nello stesso tempo ho preso parte al piccolo festival Rossini di Bad Wildbad dove ho incontrato il grande maestro Zedda. Ho fatto una audizione e lui mi ha inviata a fare l’Accademia Rossiniana dove sono andata nel 2006. A Pesaro sono stata la Contessa di Folleville e dopo soli tre giorni Corinna nella stessa produzione di “Viaggio a Reims”. Ho fatto tantissime masterclass, master course e ho praticamente impararo da tutti i miei colleghi sul palcoscenico, c’è sempre qualcosa da studiare, e da ogni collega puoi prendere qualcosa. Lì ho scoperto che sono un soprano di coloratura e ho interpretato ruoli come la Regina della Notte (“Die Zauberflöte”) e prima Konstanze (“Die Entführung aus dem Serail”) al conservatorio: una grande esperienza per me. E dopo la mia Accademia rossiniana, Alberto Zedda ha capito che avevo la stoffa adatta e mi ha affidato nel 2007 il ruolo di Desdemona in “Otello” (Rossini) nel Festival, proprio dove ho debuttato e da dove è cominciata la mia carriera con Juan Diego Florez e Gregory Kunde con regia di Del Monaco. Da allora ho fatto tantissimi viaggi, come freelance, ho debuttato in tantissimi teatri, non posso neanche descrivere in quanti sono stata. E’ stato un periodo importante, ho imparato tantissimi ruoli, mi sono trovata benissimo nel repertorio del belcanto, non solo di Rossini, in tanti ruoli dalle vocalità diverse.

Veniamo alle eroine donizettiane: nei mesi scorsi ha affrontato Norina nel “Don Pasquale”, il ruolo del titolo in “Anna Bolena” e ora “Lucia di Lammermoor”. Esiste a suo parere un sottile filo rosso che può unire queste eroine apparentemente così diverse tra loro? 

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Olga Peretyatko

Nell’autunno 2019 ho fatto tre eroine donizettiane cominciando dal debutto a Londra con Norina (“Don Pasquale”), è andato benissimo. Ci sono alcuni ruoli che mi hanno chiesto sempre: “dove fai la tua Juliette (“Roméo et Juliette”)?” E io rispondo: “non so, da nessuna parte! Canto l’aria nei concerti ma sul palcoscenico non ho mai interpretato questo ruolo.” Esattamente la stessa cosa è successa con Norina, tutti mi hanno detto: “saresti perfetta come Norina” però il mio debutto in questi ruoli è avvenuto tardi, non so il perché. Dopo Norina sono venuta qui a Montecarlo a fare Lucia. Questa “Lucia di Lammermoor” di Jean-Louis Grinda l’abbiamo già portata in scena a Tokyo due anni fa: è stata una bellissima produzione. Adoro Jean-Loui Grinda perché lui è un uomo di teatro, capisce proprio cosa vuol dire il teatro lirico e di cosa hanno bisogno i cantanti, come fare per aiutarli e quali cose sono da evitare. Sono molto contenta di averlo conosciuto. Lui è stato il regista anche della mia prima “Traviata” a Losanna (era il 2015).Lucia la canto dal 2011 l’ho debuttata a Palermo e ho fatto sei o sette produzioni, è un ruolo che mi piace molto e ovviamente è conosciuto da tutti. Ci sono grandi esempi di interpreti del passato, ovviamente nella mente c’è sempre Maria Callas; è un ruolo lunghissimo, molto difficile dal punto musicale, vocale e anche interpretativo. Subito dopo Montecarlo, andrò nell’Oman per rifare per la seconda volta “Anna Bolena”, questo spettacolo lo abbiamo già fatto anche a Liegi (lo potete vedere anche al cinema e sicuramente su YouTube). Per fare Anna Bolena dovevo aspettare che la mia voce prendesse proprio il peso giusto per questo ruolo: ci sono sempre delle colorature però queste sono diverse, è una parte molto drammatica e come sempre il pezzo più difficile viene alla fine; mi riferisco all’aria che ho cantato già in diversi concerti. Prossimamente è già programmata “Maria Stuarda”. 

Chi è per lei Donizetti? 

Donizetti è sempre per me un belcantista però non è belcanto alla Bellini o Rossini, è diverso. Per me è praticamente un ponte per Verdi, con orchestrazione più densa, con orchestra più grande, con strumenti che non usavano Bellini o Rossini. Per poter cantare Donizetti devi proprio avere questo squillo non dico verdiano ma quasi, non è quello di Bellini ripeto. Tra un anno farò anche un concerto a Parigi e anche a Montecarlo con le regine, con tutte e tre, è una grande sfida e non vedo l’ora di farla. Questa è la direzione che ha preso la mia voce, cerco di seguirla con attenzione. Ho cantato tantissimi ruoli davvero, anche Verdi: “Traviata”, tantissime volte Gilda (“Rigoletto”) e adesso sto cercando la via. Dove mi porta la mia voce? È cresciuta molto, cerco di mantenere tutto perché la mia voce è sempre stata lunga e non voglio perdere nessuna sua caratteristica, ho guadagnato anche molto nel peso, nel colore, nel timbro. Ora posso cantare le cose che non potevo permettermi prima: per esempio tutte le eroine ne “Le contes d’Hoffmann”, che avevo già fatto in tre produzioni diverse, anche in versioni diverse. Prima cantavo soltanto la Olympia ma adesso riesco a cantare tutti i ruoli, questo mi fa piacere. Ho tantissimi debutti ancora da fare, molto in Rossini: un nuovo debutto nel “Guillaume Tell”, la Mathilde che farò ad aprile, e anche il “Möise” a Pesaro, al Festival, questo sarà il mio tredicesimo ruolo rossiniano.

Parlando nello specifico di Lucia, quale aspetto la affascina particolarmente e ritiene sia importante da comunicare al pubblico? 

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Olga Peretyatko

Lucia è un ruolo che conoscono tutti, è diventata  una “hit” e qui devo dire che il pubblico, cent’anni fa come adesso, preferisce ascoltare ruoli vocalmente estremi. Io per esempio ho fatto tantissime versioni di “Lucia”, ultimamente è stata messa in scena a Vienna, una nuova produzione con Juan Diego Florez e con il Maestro Pidó che ha proposto una sua versione: piccole cose, piccoli dettagli, diversi dallo spartito normale. Diciamo che il risultato è che nessuno può sentire la differenza però noi abbiamo dovuto ristudiare il ruolo. Per lui è stato molto importante, ha fatto questa famosissima sua versione della cadenza nella scena della pazzia: ho dovuto cantare da sola per tre minuti, senza flauto, senza glassarmonica, a differenza di quanto ho fatto, ad esempio, a New York e a Tokyo. La glassarmonica crea questa atmosfera molto malata, eterea, quando il Maestro Pidó ci ha proposto questa nuova cadenza io non ero molto d’accordo perché sai, Vienna è un teatro di tradizione, dove il pubblico vuole sentire quello che conosce bene. È stata un’esperienza interessante perché ho visto come il pubblico ha reagito, si aspettavano una cosa, ne hanno ricevuta un’altra e ci sono state molte critiche. Mi hanno accusato per questa cadenza come se fosse stata ideata da me però ho preferito non dire niente. L’intendimento del Maestro è stato che la cadenza, come eseguita tradizionalmente, era stata creata per una cantante precisa, non da Donizetti e il direttore ha sempre voluto fare solo quello che è realmente previsto dallo spartito. L’autore non ha scritto proprio niente alla fine della pazzia; questa scena è abbastanza lunga, non sono previste colorature particolarmente virtuose, tutto deve creare un’atmosfera, si deve trovare un suono, un colore appropriato. Questa è la vera difficoltà della scena della pazzia, che dura praticamente venti minuti: tu sei da sola in scena e devi tenere l’attenzione creando proprio la tua personale versione della pazzia.

Negli ultimi anni si è affermato il teatro di regia, dove è spesso possibile cogliere una grande attenzione verso i movimenti e la gestualità. Inoltre, sembra sia sempre più importante, anche nel mondo dell’opera, l’aspetto fisico e la bella presenza degli interpreti. Qual è il suo pensiero in merito?Parlando nello specifico di Lucia, quale chiave di lettura possiamo aspettarci da questa produzione?

 E’ una domanda complessa, posso parlarne per due ore. Adesso si sente dire in giro: “Ah! il canto non è importante, conta l’aspetto fisico, devi essere bella e giovane e anche magra”. Sono d’accordo solo in parte, il mondo sta cambiando e anche la lirica deve cambiare. Non sono d’accordo nel dire che sia una forma d’arte solo per una élite, non è un’arte chiusa, non è un museo. Riguardo alle regie moderne..sempre la stessa cosa: non esistono le regie  conservative e moderne, ci sono regie belle e brutte punto. E poi noi, in questo mondo siamo costrette ad essere sempre giovani, belle e magre, l’immagine conta. Il mondo è diventato molto più veloce, se tu guardi un contratto che era ad esempio di Maria Callas prevedeva un mese pagato per studiare un ruolo. Adesso non è più possibile e tu a volte studi anche sugli aerei i testi, tutte le parole, tutti questi ruoli; è diventato tutto molto più veloce. Noi cantanti dobbiamo essere molto veloci e sopravvive solo quello che ha i nervi più forti e che ha la forza e la tenuta fisica perché devi volare, cantare, volare, cantare, richiede una  forma fisica pazzesca, a volte il tuo corpo ti segue, a volte ti dice: “ma basta, prendi una vacanza”. Noi cantanti dobbiamo stare attenti: soltanto tu come cantante puoi sapere cosa puoi fare, quanto puoi fare e questa quantità non vuol dire la qualità. A volte anche per me è così, ho capito, per esempio che piu’ di quattro ruoli non posso debuttare ogni anno, meno è sempre più; c’è stata una stagione nella mia vita (2015/2016) dove ho cantato soltanto “Rigoletto”, soltanto Gilda e alla fine ho detto basta. Adesso l’ultima volta l’ho interpretata nel 2017 a New York poi ho detto: “va bene ok prendiamo una pausa”. Sono passati già tre anni e la mia prossima Gilda sarà a Barcellona nel 2021 e sì mi manca, davvero sento la mancanza di questo ruolo perché mi è veramente cara, Gilda. Riguardo l’aspetto fisico è così: tu devi corrispondere al tuo personaggio, se tu canti la Violetta nella “Traviata” non puoi pesare 300kg perché è ridicolo perché nessuno ti crederà e tu devi rispettare il tuo ruolo. A parte che mantenere una certa forma fisica è importante per noi cantanti, la lirica è come uno sport che richiede da te tutto, soprattutto il fiato, i ruoli sono lunghissimi: devi essere quattro ore sul palcoscenico e per questo hai bisogno di tanta forza davvero; l’apparato vocale è costituito da muscoli che devi mantenere sempre attivi e questo richiede da te esercizio ogni giorno. Io per esempio ho capito che tra le recite per me idealmente dovrebbero passare due giorni liberi. Il giorno dopo la recita sei proprio molto giu’, devi ricaricare la tua energia, stare zitta, parlare meno e puoi solo studiare, leggere e ascoltare, non si può cantare, poi, si riprende con due, tre ore al giorno di canto intervallati da pause. Questo lavoro ci impegna ventiquattro ore su ventiquattro, a volte mi sveglio di notte con un’idea su una  cadenza, o sul fraseggio, sei sempre “acceso”. Per quanto riguarda l’essere bello in scena c’è sempre il trucco, ma dal loggione non si vede, devi cantare bene, devi avere un linguaggio del corpo che non serve soltanto per il cinema, ti devono vedere bene da 30 metri di distanza. Il mondo della lirica è diventato diciamo crudele, nessuno ti perdona niente, devi essere sempre perfetto, se hai fatto dei dischi devi cantare sempre come il pubblico ha sentito sul disco, sempre perfetto, nessuno ti permette di fare uno sbaglio, non esiste proprio, non hai un margine di errore e tutto questo è molto stressante però è la nostra vita e una parte del nostro lavoro. 

Analizzando la sua vocalità attuale, quali ruoli le piacerebbe debuttare prossimamente? Può anticiparci qualche debutto al quale sta già lavorando? C’è qualche occasione persa che rimpiange? 

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Olga Peretyatko

Ho appena debuttato la Pamina (“Die Zauberflöte) al Teatro Real di Madrid e anche questo è un ruolo interessante. Ho già cantato, della stessa opera la Regina della notte e anche la Papagena quando ero ad Amburgo all’Opera studio e adesso è il momento perfetto per fare Pamina. Qui, per essere credibile, devi essere molto emozionante: Mozart è stato sempre un grande psicologo. Due anni fa ho debuttato la Contessa in “Le nozze di Figaro” dopo aver fatto molte volte Susanna, l’esperienza aiuta molto a livello emotivo a dare al pubblico molte emozioni, per esempio come canto adesso mi piace di più rispetto a come cantavo 10 anni fa, mi pare di stare sviluppando la mia voce nella maniera più giusta e naturale. Sto andando verso ruoli più lirici come Anna Bolena, Maria Stuarda, prima non avrei potuto. Debutterò anche “Manon” di Massenet. Ho cantato poco Puccini stranamente; negli ultimi dieci anni ho potuto cantare Musetta che prima non avevo la possibilità di fare, ma per ora eseguo l’aria solo nei concerti. Magari farò Liù, posso pensare anche a Mimì ma è molto difficile trovare un maestro che diriga l’orchestra a favore dei cantanti. Tosca per esempio è un ruolo che mi piace molto, ma non so se lo canterò mai. A volte vedi che la cantante è costretta proprio a gridare per farsi sentire. Non dimentichiamo che adesso le orchestre sono diverse rispetto al passato, i violini sono diversi, il loro suono è diventato molto più forte, molto più potente ma le corde vocali sono sempre quelle.  

Lei usa i social? ritiene che nell’era della digitalizzazione questi abbiano un ruolo importante per avvicinare i giovani al teatro? Possono creare un nuovo tipo di pubblico? 

No, credo che il pubblico sia sempre lo stesso, solo che prima erano sempre nei bar vicino ai teatri a parlare d’opera e adesso lo fanno tutti sui social. Io non posso dire di essere molto attiva su questi canali, ma li uso per avere un contatto diretto con il mio pubblico, spesso rispondo ai messaggi privati che mi scrivono. Spesso mi contattano giovani cantanti, mi chiedono se faccio lezioni o master class e io rispondo sempre, parlo con loro, perché so quanto è importante una parola o una opinione. Mi mandano anche video, audio per farsi sentire chiedendo anche qualche consiglio. A parte queste cose non sono molto attiva, solitamente metto un post ogni due, tre giorni. Facebook è una bella cosa ma senza esagerare. Visto che noi cantanti siamo sempre in giro, sempre soli, in hotel, facebook ti da una sensazione di essere vicino ai tuoi amici, ai tuoi cari, questa è una cosa bella. Una cosa meno bella è quando cominci a filmare, fare le foto delle cene, cosa mangi, io non lo faccio è un po’ ridicolo ed esagerato. Comunque la presenza sui social è ormai parte del nostro lavoro, ti avvicina al tuo pubblico e questa è una cosa ottima. L’opera in parte deve cambiare per il pubblico giovane che viene a teatro. In questo le regie moderne a volte aiutano, a volte no. Sicuramente adesso con tutte queste nuove tecnologie, con le proiezioni, si possono creare mondi virtuali che non potevano esistere prima. Anche per questa Lucia di Montecarlo, Jean-Louis grinda ha usato tantissime proiezioni, in modo da ricreare il mare e un’atmosfera speciale che ti porta nel mondo della sua Lucia. A me lo spettacolo è piaciuto tantissimo. Le potenzialità tecnologiche possono aiutare ad attualizzare un po’ l’opera ma resta un discorso molto complesso.

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