Concerti

Kent Nagano – Teatro La Fenice, Venezia

La chiusura della stagione sinfonica 2024-2025 del Teatro La Fenice ha avuto il segno discreto ma inconfondibile di Kent Nagano, ospite d’onore sul podio, alla guida dell’orchestra veneziana in un programma che metteva in dialogo Jean-Baptiste Lully, Franz Schubert e Richard Strauss.

L’atmosfera era segnata da un episodio significativo: gli orchestrali in frac e abito da sera accoglievano il pubblico all’ingresso del teatro distribuendo volantini, stavolta con un bavaglio simbolico, in seguito al divieto di leggere in sala il comunicato delle rappresentanti sindacali in merito alla nomina di Beatrice Venezi a direttore musicale della Fenice. Un gesto silenzioso ma eloquente, che aggiungeva un velo di tensione civile alla serata.

La prima parte del concerto si è aperta con Le Bourgeois gentilhomme (Il borghese gentiluomo) di Jean-Baptiste Lully, dal quale è emersa la celebre Marche pour la cérémonie des Turcs. Nagano ha guidato l’orchestra con un gesto dolce, mai aggressivo, capace di disegnare nell’aria il fraseggio e le dinamiche con naturalezza. Anche nei momenti di maggiore vigore, la sua direzione è rimasta fluida e incisiva, più pittorica che autoritaria. Il dialogo con gli orchestrali appariva frutto di un lavoro intenso e rispettoso: ogni sezione rispondeva con attenzione e sensibilità.

Nella Sinfonia n. 3 in re maggiore D 200 di Schubert, raramente proposta in teatro, si è distinto il lavoro sui legni, in particolare sul clarinetto, cui Nagano ha saputo dare spazio e respiro. Il maestro ha esaltato la grazia leggera e l’ironia del giovane Schubert, mantenendo un equilibrio limpido tra leggerezza e tensione.

Il programma trovava la sua specularità e chiusura con Der Bürger als Edelmann (Il borghese gentiluomo) di Richard Strauss, che fa idealmente da ponte fra barocco e Novecento. Qui la tavolozza orchestrale si è ampliata in una raffinata policromia, con momenti di rilievo affidati ancora una volta ai legni e al corno inglese, strumenti centrali nel disegno timbrico di Nagano. La suite di Strauss, ironica e nostalgica, si è trasformata sotto la bacchetta del direttore in un gioco di rimandi tra epoche, colori e linguaggi.

Kent Nagano non è un direttore che batte il tempo, ma un artista che dipinge la musica: cura i colori, modella le frasi, fa emergere ogni singola voce, dedicando particolare attenzione alle viole, spesso trascurate ma qui valorizzate come centro armonico e affettivo dell’orchestra.

Un concerto che, al di là della sua eleganza formale, ha saputo rivelare un raro equilibrio tra rigore e poesia — e, in controluce, un senso di comunità e di dignità artistica.

Anche questa volta sono volati dal loggione e dai palchi volantini a sostegno delle maestranze artistiche del teatro, il pubblico ha tributato applausi calorosi agli artisti con grida di “Viva l’orchestra della Fenice!”