Spettacoli

Macbeth – Teatro del Maggio, Firenze

Dopo la Salome dell’ultimo Festival, Alexander Soddy, ritorna sul podio del Maggio con il Macbeth di Verdi, offrendocene una lettura puntuale e vibrante, dove ogni episodio si staglia con rilievo in un’accurata differenziazione della dinamica e nella nitida evidenza degli impasti orchestrali. Il suono è ora analitico e rarefatto, ora turgido e tonante, in un flusso che si snoda secondo tempi spesso moderatamente distesi ma che realizzano comunque una narrazione compatta e costantemente in tensione. Il preludio è di lacerante intensità e le scene d’insieme prendono forma con ritmo e grande accordo, in un rapporto con coro e cantanti che si mantiene saldo e fecondo in ogni passaggio.
Otre che per la direzione di Soddy, quest’edizione fiorentina si impone per le interpretazioni della coppia dei protagonisti, di superba forza drammatica e di grande affiatamento.
Luca Salsi rappresenta infatti con veemenza l’ambizione distruttiva di Macbeth e il suo approdo alla depressione del vuoto e della morte. Con voce piena e rotonda e un canto sbalzato e vigoroso, è di grande incisività nel primo atto e nella scena del delitto, ossessionato dalla moglie e dal potere, con qualche passaggio fin troppo enfatico e calcato. Rende il delirio della festa in una forma allucinata e visionaria, mentre è di grande irruenza al terzo atto, con un’espressività articolata e assai coinvolgente. Lo ritroviamo infine nelle sequenze conclusive ormai arreso all’ineluttabilità del male, con un’ultima aria salda ma moderatamente emozionante e una scena della morte scolpita e dolente.

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Luca Salsi

Nel ruolo di Lady Macbeth è Vanessa Goikoetxea, che esibisce una vocalità estesa e voluminosa e un fraseggio assai differenziato e con accenti marcati. Fin dalla cavatina esprime con morboso vigore la bramosia del potere, unendo una dizione scavata a una straordinaria eloquenza del corpo. Di grande forza il duetto con Macbeth, dove l’ambizione assume un carattere ancora più oscuro e sensuale. Un canto discontinuo e sospeso, accuratamente cesellato, delinea la grande scena del sonnambulismo, mostrandoci la fragilità di una donna fino ad allora soltanto spietata e innaturale e riuscendo ad indurre sentimenti di orrore e pietà.

Si staglia con rilievo anche l’interpretazione di Antonio Poli, che è un Macduff potente e omogeneo, con una linea ampia e sinuosa e melodie salde e definite. Smaltata e coinvolgente “Ah, la paterna mano”, dove il personaggio emerge in tutto il suo carattere di eroe nobile e sensibile. Assai luminoso ed energico il suo duetto con Malcom, interpretato da Lorenzo Martelli con acuti tersi e uno stile alquanto appassionato.
Colpisce per intensità drammatica il racconto della follia di Lady Macbeth realizzato da dalla Dama di Elizaveta Shuvalova, rigogliosa e puntuale, insieme al Medico di Huigang Liu, dall’emissione rotonda e definita.
Banco è Antonio di Matteo, con voce compatta e magnetica, ma con una linea piuttosto uniforme. L’adagio “Come dal ciel precipita” viene comunque tracciato con ampiezza e commozione.
Consistenti e ben caratterizzati il Domestico di Egidio Massimo Naccarato, il Sicario di Leandro Guinis e l’Arlado di Dielli Hoxha; magnetici e scanditi con chiarezza le Apparizioni di Nicolò Ayroldi, Aurora Spinelli e Caterina Pacchi.
I cori delle streghe da parte loro spiccano per omogeneità e variazioni dinamiche, plasmando con vivacità una ricca gamma di espressioni, che vengono differenziate con particolare finezza al terzo atto. Modulato con cura anche il coro dei Sicari, mentre “Patria oppressa”, eseguito dall’intero Coro guidato con rigore da Lorenzo Fratini, costituisce uno dei vertici di questa edizione, con un procedere legato e dolente e un’attentissima regolazione dell’intensità.

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Vanessa Goikoetxea

Un momento la cui tragicità viene intensificata dalle proiezioni delle macerie di Gaza, secondo quanto previsto dalla regia di Mario Martone, lacerante richiamo alla nostra attualità e punto di arrivo di un discorso visivo che prende le mosse dal telone iniziale di Mimmo Paladino, sorta di Guernica e Trionfo della Morte. E la Morte in sella a un cavallo in carne ed ossa annuncia a Macbeth il suo destino di gloria, in una trovata molto meno efficace del sipario iniziale e delle macerie conclusive, anche perché l’animale risulta ingombrante e rumoroso. A disturbare è inoltre qualche risata di troppo delle streghe, che tuttavia incarnano magnificamente la fascinazione del potere, con la loro sinistra onnipresenza e soprattutto con il loro aggregarsi intorno ai tre troni luminosi. E appunto un seggio regale riappare vuoto nel sonnambulismo della Lady come nell’estrema desolazione del protagonista, mentre è la lucentezza di un grande specchio obliquo a dominare il quadro magmatico dell’incantesimo e delle apparizioni.
Quella di Martone è dunque una regia capace di creare scene di potente impatto drammatico, in una narrazione che ci mostra come la volontà di potenza diviene l’abisso del nulla; e tuttavia molte sequenze risultano di modesta incisività o addirittura posticce. Così se l’abito rosso di Lady Macbeth, secondo i costumi di Ursula Patzak, evoca con forza il sangue e il desiderio assoluto, nulla aggiunge alla scena l’impiego del telefonino in sostituzione della lettera a sottolineare il rapporto ossessivo dei due sposi. Il banchetto è nel suo complesso poco fluido e artefatto e la sfilata dei re come possibili amanti della moglie sposta il significato delle apparizioni nel senso, non troppo pertinente, della gelosia. In un’analoga modalità, le proiezioni delle figure femminili al quarto atto senza musica, oltre che a spezzare il ritmo del racconto, ci portano lontano dalla dimensione etica del dramma. Poca presa fa il rumoroso avanzare della foresta di Birnam, ma solenne è la deposizione dei rami sulla salma di Macbeth, in un gioco di luci che qui come nel resto dell’opera ritagliano crudamente la tenebra secondo il disegno di Pasquale Mari.

Alla fine lo spettacolo viene accolto con grande entusiasmo da un pubblico davvero molto numeroso, con speciali consensi per Salsi e la Goikoetxea, Poli e il maestro Soddy.

MACBETH

Melodramma in quattro atti di Francesco Maria Piave e Andrea Maffei

Musica di Giuseppe Verdi
Edizione: Edwin F. Kalmus & Co., Inc., Boca Raton, Florida

Maestro concertatore e direttore Alexander Soddy

Spazio e regia Mario Martone

Maestro del Coro Lorenzo Fratini

Scene Mimmo Paladino
Scenografo realizzatore Barbara Bessi
Costumi Ursula Patzak
Luci e video Pasquale Mari
Video designer Alessandro Papa
Coreografia Raffaella Giordano

Assistente regista Paola Rota
Assistente costumista Marta Solari
Assistente luci Gianni Bertoli
Assistente video Pietro Di Francesco

Macbeth Luca Salsi 
Lady Macbeth Vanessa Goikoetxea
Dama di Lady MacbethElizaveta Shuvalova
MacduffAntonio Poli
MalcomLorenzo Martelli
Domestico di MacbethEgidio Massimo Naccarato
MedicoHuigang Liu
SicarioLisandro Guinis
Un AraldoDielli Hoxha
Prima ApparizioneNicolò Ayroldi
Seconda ApparizioneAurora Spinelli
Terza ApparizioneCaterina Pacchi

 Foto: Michele Monasta – Maggio Musicale Fiorentino