Spettacoli

Don Giovanni – Teatro Carlo Felice, Genova

Il Carlo Felice di Genova apre la sua stagione operistica nel segno di Mozart

“Nessuno mi conosce per quel che sono, tutti credono che il mio libertinaggio mi sminuisca, mentre esso mi serve ad avere ancora più sete della mia arte”. Così scriveva Gabriele D’Annunzio e questa è, sostanzialmente, la visione che Damiano Michieletto ha avuto per il suo Don Giovanni, il capolavoro di Mozart e Da Ponte, del 1787, scelto dal teatro Carlo Felice per l’inaugurazione della stagione operistica. Il libertino, nelle mani del regista veneziano, diventa anticristo, simbolo del peccato e della perversione ma personaggio dotato di grande fascino e quasi di poteri magici, un artista del male dedito alla propria persona e attento solo a perseguire il piacere.

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Desirée Rancatore

La scena, a cura di Paolo Fantin, ci porta in un palazzo nobiliare che ricorda gli interni veneziani di Pietro Longhi: non una scena fissa, però, ma un vortice di stanze che ruotando mutano restituendoci l’idea che tutti i protagonisti siano intrappolati nel dedalo mentale di Don Giovanni. Uno spettacolo già visto a Venezia nel 2010 ma che ha mantenuto tutta la sua carica innovativa e, a tratti, geniale. Ci ha colpito particolarmente il banchetto di secondo atto che diventa una vera e propria abbuffata carnale ed erotica, coerente, a dire il vero,  con quanto dice lo stesso protagonista: “Lasciar le donne? Pazzo! Sai ch’elle per me son necessarie più del pan che mangio, più dell’aria che spiro!”. Interessante anche la caratterizzazione del deuteragonista, Leoporello, che diventa qui una sorta di coscienza morale e, in marcata contrapposizione con Don Giovanni, rifiuta i piaceri carnali, una intuizione registica vincente che lo splendido lavoro attoriale di Giulio Mastrototaro ha reso al meglio. Ricordiamo che la regia è stata qui egregiamente ripresa da Elisabetta Acella, non possiamo poi non menzionare l’ottimo lavoro di Fabio Barettin, luci capaci di proiettare lunghe ed inquietanti ombre sulle pareti del palazzo nobiliare. Curati i costumi di Carla Teti che ci riportano senza esagerazioni ad un settecento reale e quotidiano. Uno spettacolo che ci ha convinto pienamente, che ha funzionato anche grazie alla bravura attoriale di tutti i protagonisti e ci ha ricordato cosa voglia dire fare regia, con infinita classe e tocchi di genialità. 

Per quanto riguarda  il versante musicale dello spettacolo vogliamo iniziare da Simone Alberghini che, forte della sua plurima frequentazione del personaggio di Don Giovanni (debuttato tre decenni or sono), offre una lezione di stile e di fraseggio, confermandosi artista di grande levatura. Nella sua prova, non vi è un singolo passaggio lasciato al caso ma, piuttosto, cesellato con evidente coscienza ed aderenza teatrale. Va da sé, quindi, come il canto, dalla emissione morbida ed omogenea, si muova costantemente nell’alveo di una aristocratica compostezza, rappresentando al meglio il lignaggio di provenienza del “Burlador de Sevilla”.

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Simone Alberghini

Gli risponde, in ottima simbiosi timbrica e scenica, il riuscitissimo Leporello di Giulio Mastrototaro. Siamo rimasti piacevolmente sorpresi dalla abilità con cui il baritono ha saputo ricamare il fraseggio mozartiano inserendosi alla perfezione nel disegno registico di Michieletto. Il canto risulta pregevolmente controllato in virtù, tra l’altro,  della rotondità e profondità della linea. Anche sotto l’aspetto interpretativo, il personaggio risulta tratteggiato con carisma e credibilità. Dati gli ottimi risultati, auguriamo all’artista di proseguire con successo il proprio percorso nella produzione mozartiana.

Continuiamo con il cast maschile e, nello specifico, con il Don Ottavio di Ian Koziara. In ragione di una vocalità dal caratteristico colore brunito, la prova del tenore sembra segnare un punto di discontinuità rispetto alla tradizione esecutiva, solita affidare questo ruolo a voci più leggere. Al netto di qualche occasionale incertezza, specie nei recitativi, l’artista risolve i cantabili con la giusta duttilità e affronta con buona  professionalità le temibili arie riservate al personaggio.

Alex Martini, Masetto, si mette in rilievo per lo smalto di un timbro piacevole e pastoso. Da apprezzare, inoltre, lo slancio di una interpretazione appassionata e sempre credibile.

Mattia Denti, infine, è un Commendatore dalla vocalità bronzea e vellutata, dispiegata attraverso un fraseggio autorevole e ieratico, specie nel drammatico confronto con Don Giovanni nel finale.

Passando al versante femminile, Jennifer Holloway riserva a Donna Elvira la generosità e l’ampiezza di uno strumento ben sfogato nei centri e nella regione superiore. La peculiare caratteristica dell’emissione, legata sicuramente anche al repertorio straussiano e wagneriano abitualmente frequentato dall’artista, agevola la caratterizzazione del personaggio, preda di una onnipresente e mai sopita ossessione amorosa nei confronti di Don Giovanni.

In netto contrasto emotivo le si pone la Donna Anna di Desirée Rancatore, dalla linea luminosa e musicale. Il soprano esibisce un buon controllo tecnico che si esplica, tra l’altro, attraverso lunghe arcate melodiche e suggestivi filati, come nell’aria di secondo atto “Non mi dir”.  Elegante e raffinato il fraseggio, specchio ideale di una donna imprigionata in una condizione sentimentale dalla quale non esiste, o meglio non può esistere, via di fuga.

Pregevole, poi, la Zerlina di Chiara Maria Fiorani, delicata nell’emissione e sicura in tutti i registri. Carismatica ed incisiva l’interprete, perfetta nel rendere l’innocenza ma anche l’irresistibile malizia di questo personaggio. 

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Alex Martini e Chiara Maria Fiorani

Sul podio, Constantin Trinks offre una lettura che, dopo una ouverture un poco priva di mordente, sembra prendere subito quota e sfoderare una piacevole passionalità. Il fraseggio musicale è improntato ad una buona teatralità, rivelando la giusta aderenza al ritmo narrativo proposto dallo spettacolo. Pregevole, inoltre, la rispondenza delle masse orchestrali genovesi dal suono piuttosto compatto e mai preponderante rispetto alle voci dei singoli interpreti che agiscono di volta in volta sul palco. 

Di sicuro valore, infine, l’apporto del coro del Teatro Carlo Felice, ottimamente diretto da Claudio Marino Moretti.

Ottima rispondenza di pubblico con copiosi applausi al termine per tutta la compagnia. 

DON GIOVANNI
Dramma giocoso in due atti k527

Don Giovanni Simone Alberghini
Donna Anna Desirée Rancatore
Don Ottavio Ian Koziara
Il Commendatore Mattia Denti
Donna Elvira Jennifer Holloway
Leporello Giulio Mastrototaro
Masetto Alex Martini
Zerlina Chiara Maria Fiorani

Orchestra, Coro e Tecnici della Fondazione Teatro Carlo Felice di Genova
Direttore Constantin Trinks
Maestro del coro Claudio Marino Moretti
Regia Damiano Michieletto
ripresa da Elisabetta Acella
Scene Paolo Fantin
Costumi Carla Teti
Luci Fabio Barettin

Foto: Marcello Orselli