Macbeth – Festival Verdi 2025, Busseto
Macbeth è il secondo titolo scelto per il Festival Verdi 2025.
“Spegniti, spegniti breve candela! La vita non è che un’ombra vagante, un povero attore che avanza tronfio e smania la sua ora sul palco, e poi non se ne sa più nulla. È una favola raccontata da uno sciocco, piena di strepito e di furore, ma senza significato alcuno”. Queste celebri parole, tratte dal monologo di Macbeth, sono il simbolo perfetto di una tragedia sempre in bilico fra crudeltà, ingiustizia, follia e quel senso di inanità del quotidiano. Nel Festival Verdi 2025, sono due gli appuntamenti imperdibili per i cultori del bardo: da una parte l’opera destinata al palco di Busseto di cui scriveremo a breve ma parallelamente a Parma è presente un altro interessante evento. Infatti, per la rassegna Verdi off, che quest’anno compie 10 anni, si può ammirare per tutta la durata della manifestazione, una inquietante e criptica installazione dal titolo “Il sonno uccidesti”, ispirata a Macbeth, pensata da Damiano Michieletto e Paolo Fantin, che in qualche modo risulta quasi un ponte verso l’allestimento bussetano. Sul palco del teatro Verdi a pochi chilometri da Parma si è deciso di optare per la versione 1847 del melodramma, nella edizione critica a cura di David Lawton, The University of Chicago Press e Casa Ricordi.

Il regista Manuel Renga e lo scenografo Aurelio Colombo ci trascinano letteralmente in un mondo cupo, magico, dominato da nebbie e vegetazione fluviale, una scena essenziale riempita dalla grande scritta illuminata “vaticinio” che incombe materialmente e idealmente sul palco. Un ottimo esempio di come, sfruttando la gestualità degli interpreti e pur con pochi elementi di scena in uno spazio per giunta limitato, si possa fare uno splendido lavoro. Poetico e ispirato risulta, ad esempio, il teatrino di ombre che alludono al protagonista come marionetta nelle mani della perfida lady e del suo destino. Unico appunto che ci sentiamo di fare è sulla scelta di creare una passerella che evoca il teatro elisabettiano in modo suggestivo ma che ha compromesso fortemente la capienza del già piccolo teatro e non ci è neppure parsa così fortemente necessaria per il senso complessivo dello spettacolo. Abbiamo già accennato e ribadiamo il magistrale lavoro sulle luci di Emanuele Agliati che rende lo spettacolo così evocativo. Complessi e non scontati i costumi di Colombo, particolarmente suggestivi quelli delle streghe. Consonanti allo spettacolo e funzionanti anche le coreografie di Paola Lattanzi.
Come già accennato viene qui presentata la versione dell’opera del 1847, quella che ha debuttato al Teatro della Pergola di Firenze con la presenza, sul podio, dello stesso Giuseppe Verdi.

Rispetto alla versione del 1865, questa del 1847 si caratterizza per una narrazione più asciutta e febbrile. Ed è proprio in tal senso che procede la concertazione di Francesco Lanzillotta che, attraverso l’adozione di tempi incalzanti, costruisce una lettura immediata ed appassionata. Con gesto sicuro e deciso, il direttore romano riesce a plasmare la scrittura verdiana sottolineandone la potenza e la violenza espressiva; un percorso sonoro che prende vita dall’innesto di molteplici soluzioni dinamiche che si rivelano talvolta roboanti, al pari di una violenta esplosione, talaltra sottili come un sibilo appena sussurrato. Una prova votata ad una evidente teatralità ed assecondata dalla buona professionalità della Orchestra Giovanile Italiana, protagonista di una esecuzione complessivamente efficace e stilisticamente coerente.

Sul palcoscenico si impone, nel ruolo del titolo, Vito Priante la cui vocalità, morbida e sonora, supera brillantemente tutte le richieste dell’autore, compresa l’ardua cabaletta che, in questa versione, chiude il terzo atto (e che nelle revisione del 1865 verrà sostituita dal duetto con la Lady). L’eleganza e la compostezza dell’emissione concorrono alla caratterizzazione di un sovrano tormentato, vittima dei propri spettri interiori e succube delle brame di potere della moglie. Di rilievo anche l’aspetto interpretativo del personaggio, costruito attraverso un fraseggio di singolare incisività.
Al suo fianco, la Lady di Marily Santoro il cui impasto timbrico appare particolarmente consonate rispetto a quello di Priante. La linea vocale, complessivamente ben organizzata, mostra la giusta duttilità per superare al meglio le numerose difficoltà della parte, compresa l’ardua cabaletta “Tironfai! Securi alfine” (destinata ad essere poi eliminata nella revisione del 1865 e sostituita dalla ben più efficace, da un punto di vista drammaturgico, “La luce langue”). Piuttosto efficace appare, inoltre, la scelta di risolvere il personaggio attraverso un fraseggio trattenuto ed insinuante, come a sottolineare il carattere glaciale e spietato della regina.
Vera e propria sorpresa della serata è Adolfo Corrado, in possesso di autentica voce di basso, corposa e sonora. L’ampiezza e la proiezione dell’emissione contribuiscono, inoltre, a sottolineare la nobiltà e la lealtà di Banco.
Note positive anche per Matteo Roma, un Macduff dal timbro bronzeo e naturalmente sfogato verso la regione acuta. Adeguatamente appassionata risulta, tra l’altro, l’aria di quarto atto “Ah, la paterna mano”.
Francesco Congiu, Malcolm, pone la propria generosa vocalità al servizio di una interpretazione eroica, ulteriormente valorizzata dallo slancio del fraseggio.
Squillante la Dama di Melissa d’Ottavi la cui freschezza vocale si impone, tra l’altro, nei concertati.
Di singolare efficacia, nel canto come nell’accento, il medico di Emil Abdullaiev.

Completano la locandina il bravo Matteo Pietrapiana, impegnato nel triplice ruolo di un domestico, un sicario e prima apparizione, e la puntale Caterina Premori, cui spetta il compito di dare voce alla seconda e terza apparizione.
Applausi incondizionati devono poi essere rivolti, anche in questa occasione, al Coro del Teatro Regio, ammirevolmente diretto da Martino Faggiani. Come non ricordare, allora, il canto luciferino e profetico delle streghe o, ancora, la straziata commozione del “Patria oppressa” che apre il quarto atto (in una orchestrazione differente rispetto a quella più nota del 1865).
Il pubblico presente, che stipava la piccola sala in ogni ordine di posto, decreta allo spettacolo un successo caloroso ed incontrastato, tanto per la parte musicale quanto per quella visiva.
MACBETH
Melodramma in quattro parti
Libretto di Francesco Maria Piave e Andrea Maffei
da William Shakespeare
Musica di Giuseppe Verdi
Versione 1847 edizione critica a cura di David Lawton,
The University of Chicago Press e Casa Ricordi.
Prima rappresentazione il 14 marzo 1847
al Teatro della Pergola di Firenze
Macbeth Vito Priante
Banco Adolfo Corrado
Lady Macbeth Marily Santoro
La dama di Lady Macbeth Melissa D’Ottavi*
Macduff Matteo Roma
Malcolm Francesco Congiu*
Un medico Emil Abdullaiev*
Domestico, Sicario e Prima Apparizione Matteo Pietrapiana*
Seconda e terza Apparizione Caterina Premori
*già allievi dell’Accademia Verdiana
Orchestra Giovanile Italiana
Direttore Francesco Lanzillotta
Coro del Teatro Regio di Parma
Maestro del coro Martino Faggiani
Regia Manuel Renga
Scene e costumi Aurelio Colombo
Luci Emanuele Agliati
Coreografia Paola Lattanzi
Foto: Roberto Ricci
