Carmen – Teatro dell’Opera, Roma
Il 3 marzo 1875 Carmen debuttò a Parigi e fu un fiasco clamoroso. Georges Bizet morì dopo soli tre mesi e non poté dunque assistere al trionfo viennese che decretò il successo dell’opera, facendola entrare stabilmente in repertorio. Per celebrare questo centocinquantesimo anniversario, il Teatro dell’Opera di Roma ripropone l’allestimento ideato nel 1970 da Sandro Bolchi con le scenografie e i costumi del pittore Renato Guttuso, ricostruiti, come già fatto per Tosca sui bozzetti di Hohenstein, a partire dalle foto di scena e riadattati alla moderna regia di Fabio Ceresa. La vividezza dei colori si impone sulla scena, ricreata da Alessandro Nico, tanto nella solarità del primo e del quarto atto, quanto nel rilievo che acquisisce nell’oscurità dei quadri intermedi, accordandosi felicemente alla varietà degli impasti timbrici in orchestra. I fondali dipinti delineano un ambiente più italiano che spagnolo, forse siciliano e sicuramente mediterraneo, con le luci di Giuseppe Di Iorio le quali, benché producano talora effetti di repentino ed eccessivo contrasto, delineano spazi ora tersi ora tenebrosi senza seguire le ore del giorno, ma modulandosi sui sentimenti e sui cambiamenti della musica.

I movimenti, con quelli mimici ideati da Mattia Agatiello, organizzano una coralità con ruoli sociali definiti e assegnati, nonché il conflitto tra uomini e donne, gli uni soldati le altre casalinghe in grembiule, come rappresentato dal gioco dei bambini nel quadro iniziale. Del resto i coloratissimi costumi, riprodotti da Anna Biagiotti, ci immergono negli anni settanta, parlandoci, anche se molto compostamente, del desiderio di trasgressione e di libertà sessuale. “Vietato vietare” viene scritto in francese sopra un muro della piazza e a sparigliare le carte e a innescare il movimento dell’eros è lei, la Carmencita, capace di sciogliersi dalle corde e di lasciare don José legato sulla ribalta. Ed è lei ad essere il centro e il motore di tutta la rappresentazione, come mostra anche la danza frenetica nella taverna, spazio ipogeo e rupestre aperto al mondo selvatico e dove un trascinante baccanale finisce per ribaltare l’autorità di Zuniga e a intaccarne perfino l’identità sessuale. Ha un carattere più introspettivo il terzo atto, dove il canto della protagonista e delle amiche vengono mimati dai corpi nudi dei ballerini, illuminati nel buio da una calda luce arancio. Un quadro di grande equilibrio e intensità, dove lo scontro tra Escamillo e don José assume la forma di una corrida e dove ci viene presentato come impossibile l’incontro tra Carmen e Micaela, il cui abito azzurro sembra poterci trasportare candidamente lontano dai lacci di amore e morte. Meno efficace il quadro conclusivo con le sedie sulla piazzetta del paese, ma con un gioco di luci cangianti che ricreano le differenti situazioni fino al tragico epilogo.

Il fulcro di questo vivace meccanismo è appunto Carmen, interpretata da Gaëlle Arquez, che ne evidenzia il fascino ambiguo e la prorompente carnalità, lo sprezzante gusto per la provocazione e il suo essere fin dal principio ineluttabilmente segnata dalla morte. La voce è morbida e voluminosa e viene declinata in un canto omogeneo e legato, anche se non troppo accentato e scolpito. Di ammaliante seduzione l’Habanera e vorticosa la Chanson bohème da Lillas Pastia, mentre trova il suo momento più intenso nell’arioso durante il Terzetto delle carte, interpretato con uno stile drammatico, quasi funereo, e un’accurata modulazione.
Joshua Guerrero è don José, di moderata incisività ed ampiezza melodica, ma di spiccata intenzione drammatica. Poco definito nei primi due atti, è poi più energico e passionale nel confronto con Escamillo e molto accorato nel dialogo con Micaela. Il canto si fa poi più marcato e vigoroso nella tragedia del finale.
Delicata e commovente la Micaela di Mariangela Sicilia, leggera ed elegante al primo atto e particolarmente toccante in “Je dis que rien ne m’épouvante”, con acuti potenti ed efficaci effetti di forte e di piano.
Erwin Shrott sbalza un Escamillo energico e pieno di fascino, sbruffone ma sempre di grande eleganza. Con una proiezione definita e un fraseggio alquanto articolato, ricco di accenti e variazioni dinamiche, plasma in modi avvolgenti il couplets del Toreador e mostra notevole passione e lirismo con Carmen al quarto atto.
Vivaci e con acuti brillanti la Frasquita di Meghan Picerno e la Mercedes di Anna Pennisi, che interpretano con esuberanza il terzetto nella taverna e che sono poi di grande forza e sensualità nella scena delle carte.
Con voce rotonda e una solare espressività Matteo Torcaso è il sergente Morales; luminoso e dalla linea elegante Nicolas Brooymans è Zuniga, personaggio tracciato tra arroganza e ambiguità.
Nitido e sbalzato il Daincaro di Alessio Verna ed ha una proiezione limpida e voluminosa il Remendado di Blagoj Nacoski, entrambi incisivi e dalla strutturata recitazione.

L’intera rappresentazione è animata e sostenuta dalla direzione di Omer Meir Wellber, la cui personale lettura è marcatamente caratterizzata dall’esaltazione dei contrasti, in un’originale differenziazione dell’agogica e della dinamica. Concitato e travolgente è infatti il primo tema dell’overture, seguito da una seconda parte in cui si valorizza la cantabilità e dalla sezione più drammatica resa in modi scolpiti e puntati. La scena nella taverna ha un attacco assai lento per procedure poi in un crescendo vertiginoso, mentre il preludio all’atto conclusivo si snoda inquieto e intessuto da rallentamenti. In generale il suono si mantiene turgido e preciso, con numerosi cambiamenti di tempo nonché significative variazioni dinamiche, come nell’affascinante introduzione al terzo atto, il quale per suo conto si distingue per fluidità e compattezza, così come il finale emerge invece per vigorosa tragicità. Definiti ed evidenziati i peculiari impasti orchestrali e saldo comunque, nella varietà dell’agogica, il rapporto con gli interpreti e con il Coro. Quest’ultimo, diretto con passione e rigore da Ciro Visco, si dimostra capace di un’attenta differenziazione dei piani sonori, nella puntuale modulazione dell’intensità, nell’omogeneità degli interventi e senza perdere di precisione nell’accelerazione dei tempi. Molto vivaci e ben integrate con l’insieme le Voci bianche guidate da Alberto de Sanctis.
Molto applauditi la Arquez e Guerrero, la Sicilia e Shrott. Calorosi apprezzamenti anche per Wellber e tutto il team creativo.
CARMEN
Musica di Georges Bizet
Opera in quattro atti
Dal romanzo di Prosper Mérimée
Libretto di Henri Meilhac e Ludovic Halévy
Direttore Omer Meir Wellber
Regia Fabio Ceresa
Maestro del Coro Ciro Visco
Scene e costumi Renato Guttuso
Luci Giuseppe Di Iorio
Movimenti mimici Mattia Agatiello
Scene ricostruite da Alessandro Nico
Costumi ricostruiti da Anna Biagiotti
PERSONAGGI INTERPRETI
Carmen Gaëlle Arquez
Don José Joshua Guerrero
Escamillo Erwin Schrott
Micaëla Mariangela Sicilia
Frasquita Meghan Picerno
Mercedes Anna Pennisi
Dancairo Alessio Verna
Remendado Blagoj Nacoski
Zuniga Nicolas Brooymans
Morales Matteo Torcaso
Orchestra e Coro del Teatro dell’Opera di Roma
con la partecipazione del Coro di Voci Bianche del Teatro dell’Opera di Roma (maestro Alberto de Sanctis)
Foto: Fabrizio Sansoni – Teatro dell’Opera di Roma