Spettacoli

Il ritorno di Ulisse in patria – Monteverdi Festival 2025, Cremona

Il ritorno di Ulisse in patria è l’opera scelta quest’anno per aprire il Monteverdi Festival 2025.

“Arturo, su, puoi svegliarti. Intorno alla nostra nave, la marina era tutta uniforme, sconfinata come un oceano. L’isola non si vedeva più” è questo l’explicit di L’isola di Arturo, capolavoro di Elsa Morante del 1967. Guardando il nuovo allestimento di Il ritorno di Ulisse in patria di Claudio Monteverdi, proposto quest’anno dal Festival cremonese, il pensiero è andato proprio all’isola incantata della Morante che bene incarna quella “crasi geografica di memorie mediterranee” suggerita nel libretto di sala. Il regista Davide Livermore si avvale delle scene di Eleonora Peronetti e D-WOK per creare la sua Itaca, cita il cinema neorealista di Rossellini e Visconti, e crea uno spettacolo, come sempre, estremamente pulito e curato nei movimenti scenici. La parte visiva fa perno, perlopiù, sulle abituali e funzionali video proiezioni e sui riusciti costumi di Anna Verde che ci ricordano la collocazione storica negli anni cinquanta del Novecento. Non dimentichiamo poi le belle luci di Antonio Castro che fanno risplendere tutta la sala del Ponchielli di un calore mediterraneo. Uno spettacolo sostanzialmente riuscito quindi nonostante si scelga una ambientazione che risulta già molto vista. Un Livermore fedele a se stesso nelle scelte registiche, ma che stupisce con una generosissima partecipazione scenica e canora, un omaggio, come leggiamo nel libretto di sala, agli anni della sua formazione e al suo debutto al Festival nel 1992.

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Jacob Lawrence, Giulia Bolcato, Cristina Fanelli, Arianna Vendittelli e Chiara Osella

L’esecuzione musicale è affidata alla direzione di Michele Pasotti, a capo dell’ensemble di musica antica La Fonte Musica, da lui fondata nel 2006. Una lettura rigorosa e misurata, capace di esaltare, con la giusta efficacia, i canoni caratteristici dello stile monteverdiano. Un approccio che si muove in equilibrio tra tradizione ed espressività, assicurando la giusta tensione al complesso svolgimento della vicenda. Non un mero accompagnamento alle voci presenti sul palcoscenico, ma uno sviluppo continuo di soluzioni narrative volte a caratterizzare, con eguale incisività, ogni personaggio e ogni passaggio del racconto. Una lettura che sposa, così, anche le esigenze teatrali dello spettacolo. L’unico manoscritto giunto ai nostri tempi, infatti, indica come brano conclusivo della partitura il duetto tra Ulisse e Penelope. Tuttavia, al fine di rendere più convincente la chiusa del componimento, anche per il suo intento celebrativo della Serenissima Repubblica Veneziana per la quale venne scritto, l’inserimento di un breve coro può risultare una scelta coerente. Per questa ragione, questa esecuzione si conclude con l’Exultent caeli dalla Quarta raccolta de’ sacri canti pubblicata a Venezia nel 1629. Analogamente, la prevista moresca della scena sesta del secondo atto viene qui sostituita da un’Entrata dall’VIII Libro dei madrigali di Monteverdi e le prime due parti del Ballo detto il Pollicio del concittadino cremonese Tarquinio Merula. Un ulteriore espediente in grado di accrescere il ritmo narrativo del momento.
Le linee guida del podio, vengono raccolte al meglio dalla già citata ensemble La Fonte Musica, di rigorosa precisione nel mantenere fede alla aderenza stilistica della scrittura autorale.

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Chiara Brunello, Alberto Allegrezza e Alena Dantcheva

Venendo alla compagnia di canto, questa risulta capitanata da un bravissimo Mauro Borgioni, tra gli attuali interpreti di riferimento del ruolo di Ulisse. Vocalmente, il baritono ha tutte le carte in regola per superare brillantemente le esigenze dello spartito grazie, tra l’altro, alla fascinosa musicalità di una linea piacevolmente screziata. Più ancora può, poi, l’interprete, fine e fantasioso fraseggiatore. Una prova di notevole carisma, capace di accompagnare lo spettatore nella evoluzione del personaggio verso la riconquista dei propri affetti e del trono.

Margherita Sala, nel ruolo di Penelope, gli fa da perfetto contraltare. Il contralto colpisce per l’ampiezza dei centri e la rotondità del registro grave. E anche in questo caso ci troviamo dinanzi ad un artista che sa costruire, attraverso il cesello e la cura dell’accento, un personaggio moderno e credibile, una donna a tratti volutamente matronale ed irremovibile sulle proprie posizioni. Un plauso che diviene ancor maggiore se pensiamo che l’artista ha sostenuto la recita (come già la “prima” del giorno precedente) con un braccio ingessato legato al collo.

Molto bene anche il Telemaco di Jacob Lawrence, dalla vocalità sonora e ben sfogata. La freschezza e la pulizia della dizione, unitamente alla disinvolta presenza scenica, conferiscono ancora più valore ad una prova di rilievo che raggiunge uno dei propri vertici, tra l’altro, nel commovente duetto con Ulisse in conclusione della prima parte dello spettacolo.

In evidenza la Minerva di Arianna Vendittelli, dall’emissione sicura e ben proiettata nel
registro medio ed acuto. Di indubbio fascino, anche per la caratterizzazione data dal regista, la resa sulla scena di questo personaggio, dalla sensuale quanto ammiccante femminilità.

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Margherita Sala e Alena Dantcheva

Il velluto di una vocalità scura e profonda, come quella di Luigi De Donato, rappresentano al meglio la ieraticità di Nettuno e ben si adattano anche alla retorica di Tempo nel prologo dell’opera.
Valentino Buzza, dalla linea morbida e ben tornita, è un Giove granitico e solenne, nel fraseggio e nel portamento.
Giulia Bolcato, luminosa nel canto e leggiadra nell’articolazione della frase musicale, risulta sempre a fuoco nella duplice personificazione di Giunone ed Amore.

Si prosegue, poi, con la spassosa caratterizzazione di Fortuna, ottimamente cantata da Cristina Fanelli, e con l’inquieto realismo con cui viene rappresentata l’Humana Fragilità merito, tra l’altro, della totale partecipazione al personaggio da parte di Chiara Osella.

Grazie all’intensità e al trasporto interpretativi, Francisco Fernández-Rueda, nei panni del pastore Eumete, si ritaglia un buon successo personale.
Ben calibrata ed equilibrata, nel canto come sulla scena, anche la coppia dei giovani amanti ovvero la sensuale Melanto di Alena Dantcheva e l’appassionato Eurimaco di Alberto Allegrezza.

Molto brava è pure Chiara Brunello, cui va il merito di dipingere, con singolare ardore, la figura della nutrice Ericlea.
Venendo, ora, ai Proci, Arnaud Gluck, Pisandro, Roberto Rilievi, Anfinomo, Matteo Bellotto, Antinoo, si mostrano perfettamente calati nella parte restituendo, con i loro goffi tentativi di seduzione nei confronti della malcapitata Penelope, tutta la bieca arroganza dei rispettivi personaggi.

Dulcis in fundo abbiamo lasciato colui che, forse, ha sin da subito rappresentato uno dei motivi di maggior interesse della produzione, ovvero la presenza di Davide Livermore come Iro. La lunga e continua frequentazione dell’ambiente teatrale, vissuto come esperienza assolutamente poliedrica, fa sì che l’artista si imponga come uomo di teatro a tutto tondo, persuasivo, incisivo, strabordante ma, anche, commovente nel grottesco monologo durante il quale Iro prende consapevolezza di aver perso, con la morte dei Proci, ogni appoggio e ogni protezione. Una prova attoriale di altissimo livello, cui si unisce una qual cura dell’emissione, sempre votata alla ricerca di una autentica teatralità.

Vivissimo successo al termine tributato da una sala che lasciava intravedere qualche posto vuoto di troppo.

IL RITORNO DI ULISSE IN PATRIA

Tragedia di lieto fine in un prologo e tre atti (realizzata in 2 parti)

Libretto di Giacomo Badoaro
Musica di Claudio Monteverdi

Ulisse Mauro Borgioni

Penelope Margherita Sala

Telemaco Jacob Lawrence

Il Tempo/Nettuno Luigi De Donato

Amore/Giunone Giulia Bolcato

La Fortuna Cristina Fanelli

Minerva Arianna Vendittelli

Giove Valentino Buzza

L’humana Fragilità Chiara Osella

Eumete Francisco Fernández-Rueda

Eurimaco Alberto Allegrezza

Melanto Alena Dantcheva

Iro Davide Livermore

Pisandro Arnaud Gluck

Anfinomo Roberto Rilievi

Antinoo Matteo Bellotto

Ericlea Chiara Brunello

La Fonte Musica

Direttore Michele Pasotti

Regia Davide Livermore

Scene Eleonora Peronetti, D-WOK

Costumi Anna Verde

Light designer Antonio Castro

FOTO: Lorenzo Gorini