Orfeo ed Euridice – Monteverdi Festival 2025, Cremona
Cecilia Bartoli al Monteverdi Festival 2025.
L’epifania si è compiuta nuovamente, ed è proprio il caso di dirlo quando parliamo di una delle artiste più importanti al mondo, definita scherzosamente dalla stampa la Santa. Cecilia Bartoli, dopo essere arrivata del tutto inaspettatamente lo scorso anno con un concerto che ha sconvolto letteralmente la sonnolente provincia cremonese, torna quest’anno nella cittadina lombarda e regala al suo pubblico l’esecuzione di un’intera opera, in forma semi scenica. Sul palco del Ponchielli giunge Orfeo ed Euridice, il capolavoro gluckiano che viene qui eseguito, per la prima volta in Italia, non nella versione Vienna 1762, la più comunemente eseguita insieme a quella di Parigi 1774, ma, bensì, in quella andata in scena a Parma, in italiano, con il ruolo del protagonista trasposto per soprano castrato (Giuseppe Millico) e sotto la direzione dello stesso compositore. L’edizione che ascoltiamo in questa occasione è caratterizzata dal finale tragico: ovvero la morte di Orfeo. Un’azione teatrale in un atto unico a sette scene, il cosiddetto Atto d’Orfeo, capitolo conclusivo di un trittico dal titolo Le Feste d’Apollo e rappresentato per la prima volta al Teatro di Corte di Parma in occasione delle nozze di Ferdinando, duca di Parma, con l’arciduchessa Maria Amalia, figlia di Maria Teresa d’Austria.
Un caposaldo della riforma gluckiana dal quale emerge una profonda attenzione alla definizione psicologica dei personaggi e, in particolare, a quella di Orfeo. Un immenso regalo per il pubblico che ha risposto occupando ogni singolo posto del teatro pensato nel 1806 da Luigi Canonica. Una esecuzione che solo sulla carta si presenta in forma di concerto ma che invece sa stupire grazie ad una attenta idea registica che vede al centro del palco Les Musiciens du Prince – Monaco che accolgono letteralmente fra loro gli eccezionali artisti di Il Canto di Orfeo ed i solisti. Una produzione che gioca con intelligenza soprattutto con le luci della sala, del palco, e con gli spazi scenici di tutto il teatro per raccontare in modo coinvolgente una delle storie d’amore più tragiche e belle della mitologia classica. Una serata pressoché perfetta, uno spettacolo in cui ogni elemento ha funzionato al meglio esaltandosi reciprocamente, ma dove, ovviamente, ha spiccato l’interpretazione di Cecilia Bartoli, un’artista immensa che, in ogni singola performance, regala al pubblico tutta la sua arte e capacità scenica. Una lettura centratissima che restituisce al pubblico la complessa e stratificata figura di Orfeo, un misterico cantore, probabilmente di stirpe divina, capace di incantare gli animali ed essere ponte fra vivi e morti. Probabilmente solo una cantante come la Bartoli poteva dare, vocalmente e scenicamente a questo personaggio tanta personalità, tanta emozione e verità, ogni gesto è perfettamente misurato ed espressivo, ogni movenza ben calata nel dramma. Vocalmente, poi, grazie ad un canto sempre impeccabile e ottimamente proiettato, l’artista mette in evidenza una assoluta consapevolezza stilistica. La parte si sviluppa per gran parte con declamati e Cecilia, da autentica tragédienne, accenta con un infinito ventaglio di sfumature dando risalto ad ogni singola parola. Una espressività miniata, cesellata e che persegue, anche a costo di sporcare il suono, una forza teatrale assoluta. Numerosi i momenti da ricordare della serata su tutti, la disperata imprecazione agli dei nella discesa agli inferi e la celeberrima “Che farò senza Euridice”, attaccata con tempo agitato e, successivamente, cesellata con un canto a fior di labbro intriso della più totale disperazione. Un’ artista unica, carismatica e inarrivabile che manda in visibilio il pubblico, tutto ai suoi piedi al termine della recita.

Al suo fianco l’incantevole Mélissa Petit, interprete dei ruoli di Euridice ed Amore. Il soprano incanta per la bellezza di una emissione flautata e la purezza di un timbro cristallino. Anche nel suo caso rileva, oltra alla ottima prova vocale, la bravura dell’interprete che, con misurata raffinatezza, riesce a differenziare al meglio i due personaggi portati sulla scena: ammiccante e teneramente sensuale come Amore, smarrita e drammatica come Euridice. Da segnalare, inoltre, la marcata intesa scenica e vocale con Orfeo, una vera gioia per l’ascolto e per la vista.
Gianluca Capuano, alla guida de Les Musiciens du Prince – Monaco, fa suo il dettato dell’autore e lo plasma con una sensibilità fuori dal comune. Una lettura che si muove in equilibrio tra filologia e riscoperta della prassi esecutiva, un vortice d’affetti, spesso contrastanti tra loro, capace di catturare lo spettatore e tenerlo con il fiato sospeso sino alla fine. La profonda affinità tra il direttore milanese e la compagine monegasca dà luogo ad un racconto frenetico e disperato, una alternanza tra tempi incalzanti e oasi sospese. Il lavoro sulle sonorità è di chirurgica precisione e consente di sbalzare una infinta palette di colori e di tinte, in un affresco complessivo che rivela tutta la modernità teatrale del componimento gluckiano. Un approccio meno romantico rispetto a quanto ci ha abitato la tradizione, ma dal quale fuoriesce una forza espressiva potente e totale.
Da par suo, l’ensemble strumentale è magnifico nell’assecondare le intenzioni del podio e nell’interpretare ogni singola nota dello spartito in un dialogo unitario e serrato con i solisti e il coro.
Quest’ultimo, il Canto di Orfeo, istruito da Jacopo Facchini, è di sublime perfezione e di rara intensità, tanto nel sottolineare il dolore per la morte di Euridice, quanto nell’accompagnare Orfeo nel suo viaggio disperato negli Inferi. Difficile uscire dalla sala rimanendo indifferenti dalla mestizia del coro finale, sussurrato su di un accompagnamento orchestrale appena udibile. Pura commozione che inonda il cuore dando vita ad un momento teatrale che difficilmente si potrà dimenticare.
Trionfo al calor bianco al termine, con il pubblico tutto in piedi tra commozione ed esaltazione verso una esecuzione di livello inarrivabile.
Marco Faverzani | Giorgio Panigati

Una serata memorabile all’insegna del belcanto, nel senso letterale della parola: “canto caratterizzato da perfetta educazione della voce, rispetto alle varie esigenze musicali, allo scopo di preservare la bellezza del suono. Mezzi per raggiungere tale fine sono l’emissione sempre morbida dei suoni, l’omogeneità dei registri, l’agilità nei vocalizzi, la capacità di rinforzare o stemperare una nota. […] Conseguenza della poetica belcantistica è la cooperazione tra il canto e la verità drammatica del personaggio” (Treccani).
Cecilia Bartoli e Mélissa Petit sono perfette esecutrici didascaliche della definizione di belcanto. Ma ciò che colpisce maggiormente, che tocca il cuore, che investe di emozioni l’ascoltatore, è la capacità di fraseggiare con un’eloquenza straordinaria, una dizione cristallina e intenzioni chiaramente significative.
Lo stesso vale per Les musiciens du Prince-Monaco guidate da Gianlica Capuano, poiché si può affermare che, in questa occasione, l’orchestra parli! Pure magnifico il coro Il canto di Orfeo preparato da Jacopo Facchini.
Uno spettacolo – poiché di tale si è trattato considerando i movimenti di regia e la mise en éspace – formidabile, di quelli che provocano corposi eccessi di adrenalina!
William Fratti
ORFEO ED EURIDICE
Versione di Parma 1769
Atto d’Orfeo da Le feste d’Apollo
Musica di Christoph Willibald Gluck
Libretto di Ranieri de’ Calzabigi
Orfeo Cecilia Bartoli
Euridice e Amore Mélissa Petit
LES MUSICIENS DU PRINCE – MONACO
IL CANTO DI ORFEO
Direttore Gianluca Capuano
Maestro del coro Jacopo Facchini
Foto: Ph. Lorenzo Gorini