Tosca – Roma, Teatro dell’Opera
Se un classico è veramente tale, lo è perché non finisce mai di raccontarci la sua inesauribile ricchezza. Ed è quanto dobbiamo dire della Tosca, che proprio mentre tutti quanti pensiamo di conoscerla fin troppo bene, continua a sorprenderci per forza ed originalità nell’edizione in scena al al Teatro dell’Opera di Roma. In questa seconda tappa del ciclo dedicato all’esplorazione capolavoro pucciniano, che lo scorso 14 gennaio ha festeggiato il suo centoventicinquesimo compleanno, l’opera continua rivelarci l’eccezionalità della sua drammaturgia e della sua inventiva musicale grazie soprattutto alla lettura di Daniel Oren e all’interpretazione di Anna Netrebko.
La direzione realizza infatti una narrazione estremamente articolata, che ha tempi sostenuti nei dialoghi, espande le parti più liriche e drammatiche e gioca con la dinamica creando effetti di vuoto e di pieno. Il suono orchestrale è di grande vigore negli accordi che evocano Scarpia e molto analitico nei passaggi più distesi, dove emergono distintamente le sottolineature affidate ai singoli strumenti. Se l’attacco è potente e terribile, le scene iniziali si snodano snelle e con grande cantabilità, fino al solenne Te Deum costruito con tensione crescente, coeso ed elastico, dove le linee sinuose e i blocchi sovrapposti impongono la seduzione di una liturgia maestosa e sinistra. Di straordinaria precisione e compattezza il Coro diretto da Ciro Visco, con volumi superbi e accurate modulazioni d’intensità, mentre le Voci bianche, guidate da Alberto De Sanctis, si distinguono per solarità e nitidezza.
Il secondo atto ci si presenta in una grande unità drammaturgica, pur nell’accurata differenziazione dei tempi e delle emozioni. Ogni passaggio strumentale ci racconta quello che accade, addirittura l’anticipa, facendoci presagire l’azione o il sentimento, attestando una considerevole perizia nel sospendere e nel rallentare. Trasparente e delicata la trama di piano e di pianissimo che intesse il “Vissi d’arte” ed il finale, nella costante e limpida presenza dell’orchestra, alla stregua di una marina chiara e tremolante.
Al terzo atto il flusso sonoro è turgido e vibrante, analitico nella definizione delle campane e avvolgente nell’ampia sequenza della romanza di Cavaradossi, mentre le ultime scene vengono scolpite con grande energia e si stagliano in una solenne tragicità.

Anna Netrebko è una Tosca sensuale e appassionata, capace di scavata drammaticità come di raffinata delicatezza, sbalzando così la Diva nella molteplicità de suoi aspetti, luminosi ed oscuri, dalla gelosia al coraggio, dalla grinta alla dolcezza. Il canto è straordinariamente legato e dalla linea alquanto articolata, con una salda tenuta delle note e un’attenta regolazione dell’intensità, nell’abile impiego a fini espressivi anche delle diseguaglianze dell’emissione.
Applaudita fin dal suo primo apparire per l’eleganza della posa, si mostra come una tigre ferita nella scenata iniziale, a cui sa anche imprimere un carattere ironico, con una gestualità caricata che vuol suscitare il sorriso. Aggraziata e melodica nel duetto con Mario, rende poi con intensità la disperazione nel finale dell’atto ed esibisce un’espressività ancora più complessa nelle scene a Palazzo Farnese, con centri rotondi, acuti vigorosi e passaggi tendenti al parlato che intensificano l’effetto drammatico. In “Vissi d’arte” la melodia è ampia e avvolgente, con agili passaggi e fiati trasparenti che ci dicono dell’estenuazione del dolore. Inevitabilmente, la commozione travolge la sala che si profonde in applausi interminabili. Assai vario l’accento nelle battute conclusive del secondo atto, con gesti magnetici che ci comunicano il turbamento e l’orrore.
Rigogliosa al terzo atto, con acuti lucenti, descrive con intensità la tensione durante la fuciliazione, per avere infine, rivolta verso il pubblico, un estremo moto di disperazione e di orgoglio prima di gettarsi nel vuoto.
Yusif Eyvazov è un Mario Cavaradossi che esibisce acuti di strepitosa potenza e lucentezza. La voce è sempre morbida e di ottimo volume, ma al primo atto lo stile risulta più muscolare che aggraziato, con melodie poco trascinanti e una “Recondita armonia” molto applaudita ma non troppo toccante. Il piglio eroico è invece perfetto per “Vittoria” e nel complesso l’intero secondo atto viene interpretato con maggiore incisività. E’ comunque in “E lucevan le stelle” dove Eyvazov mostra la sua migliore intenzione espressiva, in un misto di disperazione, forza e sensualità, con una potenza più controllata, mezze voci e una sicura tenuta dei fiati. Una modulazione che poi caratterizza tutto il resto dell’atto, con un brillante duetto e un’appassionata conclusione.
Fa un ingresso superbo lo Scarpia di Amartuvshin Enkbath, di grande omogeneità e compattezza, con una dizione puntuale e un fraseggio rotondo e scolpito. I movimenti in scena sono un poco ingessati ma la voce è di notevole duttilità, con una linea flessuosa e insinuante nel primo dialogo con Tosca e di autorevole incisività nella sequenza del Te Deum. Interpreta con calore il monologo iniziale del secondo atto e intesse ogni scambio di accenti, mezze voci e intenzioni sospese.

Saverio Fiore, che già interpretava Spoletta nell’edizione dello scorso gennaio, ha un canto limpido e articolato, a cui unisce una vivace recitazione. Allo stesso modo, anche Domenico Colaianni si riconferma un Sagrestano incisivo e grottesco, di moderato volume ma di grande energia.
Inquieto e drammatico l’Angelotti di Gabriele Sagona, con una voce chiara e robusta e un’intenzione appassionata ma un poco uniforme.
Ha un’espressività diretta e definita lo Sciarrone di Leo Paul Chiarot. ben scandito il Carceriere di Fabio Tinalli e morbido e squillante il Pastorello di Irene Codau.
Anche per questa edizione, in omaggio alla prima assoluta e come previsto per il ciclo di Tosca, l’allestimento è quello di Alessandro Talevi, con la ricostruzione dai bozzetti di Adolf Hohenstein, di cui abbiamo già scritto su queste pagine (30 ottobre 2022 e 18 gennaio 2025) e a cui è dedicata la mostra ancora visitabile nei locali del teatro. Da sottolineare come in questa rappresentazione i movimenti risultino particolarmente curati, con una gestualità, non soltanto in accordo con la musica, ma anche ben integrata con gli oggetti e con gli arredi. Ed è soprattutto la recitazione di Anna Netrebko a mostrare l’efficacia drammaturgica di ogni dettaglio, nonché ad esaltare la bellezza degli abiti, in uno spettacolo di notevole coesione, che ha entusiasmato in ogni suo aspetto il pubblico in sala . Applauditissimi Eyvazov ed Enkbath, un vero trionfo per Oren e Netrebko.
TOSCA
Musica Giacomo Puccini
Melodramma in tre atti
Libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica
Tratto dal dramma omonimo di Victorien Sardou
Direttore Daniel Oren
Regia Alessandro Talevi
Maestro del Coro Ciro Visco
Maestro del coro di voci bianche Alberto De Sanctis
Scene Adolf Hohenstein
Ricostruite da Carlo Savi
Costumi Adolf Hohenstein
Ricostruiti da Anna Biagiotti
Luci Vinicio Cheli
PERSONAGGI INTERPRETI
Floria Tosca Anna Netrebko
Mario Cavaradossi Yusif Eyvazov
Barone Scarpia Amartuvshin Enkbath
Cesare Angelotti Gabriele Sagona
Sagrestano Domenico Colaianni
Spoletta Saverio Fiore
Sciarrone Leo Paul Chiarot
Un carceriere Fabio Tinalli
Un pastorello Irene Codau
Orchestra e Coro del Teatro dell’Opera di Roma
con la partecipazione della Scuola di Canto Corale del Teatro dell’Opera di Roma
Foto: Fabrizio Sansoni – Teatro dell’Opera di Roma