Interviste 2020

Festival Verdi 2020, la ricerca scientifica

Il nuovo programma del Festival Verdi 2020, ridimensionato a causa dell’emergenza sanitaria, porta il nome “Scintille d’Opera” e prevede l’esecuzione di alcuni capolavori verdiani in forma di concerto, senza comunque fermare il lavoro scientifico.

Francesco Izzo
Francesco Izzo

“Le edizioni critiche in programma quest’anno al Festival Verdi sono tre” ci ha spiegato il Direttore Scientifico Francesco Izzo. “La grande novità è l’edizione in lingua francese di Macbeth, condotta da Candida Mantica sull’edizione critica preesistente della stessa opera a cura di David Lawton. La versione 1865 di Macbeth fu concepita proprio per essere eseguita a Parigi in francese e così avvenne, ma da allora il testo francese non è mai più stato utilizzato, dunque ascolteremo una ‘prima’ moderna. Le altre edizioni in programma sono invece collaudatissime e già disponibili in commercio da tempo. Quella del Requiem, a cura di David Rosen, uscì nel 1990 e quella di Ernani, a cura di Claudio Gallico, ancora prima, nel 1985. Si tratta di due partiture molto diverse naturalmente, distanti tra loro quasi un trentennio, ma i criteri con cui si sono preparate le edizioni critiche sono coerenti: massima attenzione ai manoscritti autografi di Verdi, i cui dettagli spesso venivano travisati o deliberatamente alterati nelle copie e nelle edizioni a stampa. Pensiamo agli interventi della censura, pensiamo a legature e corone collocate arbitrariamente, pensiamo a indicazioni come ‘allargando’ scambiate per ‘allegro’ e tante altre. Quello che facciamo quando prepariamo un’edizione critica è simile a ciò che fanno i restauratori di opere d’arte quando ripuliscono un affresco o una tela: cerchiamo di rimuovere le tracce del tempo e di ritornare alle intenzioni dell’autore, che vengono poi messe a disposizione degli interpreti in partiture moderne e di facile lettura. La preparazione di un’edizione critica è processo complicato e molto lento: bisogna studiare non solo le partiture autografe di Verdi, ma anche le copie, le edizioni a stampa, e poi la corrispondenza, i documenti d’archivio, al fine di arrivare a un testo attendibile. E ovviamente bisogna informare l’interprete e lo studioso delle decisioni prese, cosa che avviene tramite una nutrita introduzione storica, e poi note a piè di pagina e un ricco commento critico che spiega il processo creativo verdiano, le correzioni e le ambiguità presenti negli autografi e in altre fonti. Chi lo desideri può accedere ad altre informazioni e anche a vari esempi pratici attraverso la homepage dell’edizione critica: www.verdiedition.org”.

Ernani Vocal Score
Ernani, Vocal Score

Per gran parte del XX secolo l’opera ottocentesca ha subito gli effetti della tradizione, lasciando agli interpreti moltissima libertà, spesso arricchendo le partiture di condizionamenti successivi all’epoca di composizione, o spogliandole di molte delle loro caratteristiche intrinseche. Cosa ci dicono le edizioni critiche sulla prassi esecutiva? “Ci dicono tanto. Le introduzioni storiche, in particolare, ci offrono dettagli sulla composizione e disposizione dell’orchestra, sui cantanti con i quali Verdi collaborò, sulla possibilità di ornamentare o variare cadenze, ripetizioni di cabalette e altri passaggi e noi, al Festival Verdi, cerchiamo di fare tesoro di queste informazioni preziose, restituendo alle partiture verdiane quel senso di spontaneità e di creatività che spesso si perde quando diventiamo troppo rigidi e cerchiamo di leggere le partiture in maniera letterale, ‘come scritte’. Ricordiamo che, soprattutto nella prima parte della sua carriera, Verdi lavorava a stretto contatto con i suoi interpreti e talvolta componeva versioni modificate o addirittura del tutto nuove di alcuni passaggi delle sue opere. Questo avvenne anche per Ernani, anche se l’esecuzione di quest’anno al Festival Verdi rifletterà ciò che già conosciamo, ovvero la partitura così come fu presentata alla ‘prima’ del 1844 alla Fenice di Venezia. Cercheremo però di lavorare con attenzione a cadenze e abbellimenti, quindi è possibile che ci sarà qualche piccola sorpresa, con l’intenzione di far rivivere le pratiche interpretative ottocentesche alle quali il primo Verdi era indubbiamente legato”.

Abbiamo incontrato anche Candida Mantica, che ci ha spiegato le differenze sostanziali tra le varie versioni di Macbeth. “In realtà si può parlare solamente di due versioni di Macbeth: la prima, destinata al Teatro alla Pergola di Firenze, dove debuttò il 14 marzo 1847, e la seconda, commissionata nel 1864 dal Théâtre-Lyrique, che andò in scena il 21 aprile dell’anno seguente. Siamo abituati ad ascoltare la seconda versione solamente in italiano, lingua in cui del resto ne è presentata la partitura nell’edizione critica curata da David Lawton, ma di fatto fu concepita per essere eseguita in francese.

Candida Mantica
Candida Mantica

Verdi aveva inizialmente acconsentito ad apportare alla partitura le modifiche richieste da Léon Carvalho, direttore del Théâtre-Lyrique, che consistevano nell’aggiunta dei ballabili e nella sostituzione di un coro nella scena della morte di Macbeth. In un secondo momento, resosi conto di voler intervenire anche su quei pezzi che reputava «deboli, o mancanti di carattere» e che il lavoro di revisione avrebbe quindi richiesto più tempo del previsto, suggerì all’impresa di posticipare il debutto dell’opera, temendo di non riuscire a consegnare il lavoro quando previsto. Fu allora che, per ovviare al ritardo, gli fu proposto di portare a termine tutte le modifiche in italiano, affidandosi ad un librettista di sua fiducia (che sarebbe poi stato Francesco Maria Piave). Verdi accettò, demandando così all’impresa la messa a punto della traduzione del testo verbale e il conseguente adeguamento delle linee vocali alla nuova prosodia, che talvolta si sarebbe discostata da quella italiana e, dunque, legittimando un’autorialità diversa dalla propria nella finitura del testo.

Il libretto francese è firmato da Charles Nuitter e Beaumont (Alexandre Beaume) ed è affascinante rintracciare i luoghi in cui devia dal corrispettivo testo verbale italiano – ma senza travisarne il significato – in alcuni casi recuperando immagini o singole parole risalenti all’originale shakespeariano. I due librettisti rimarcano ulteriormente il rimorso di Macbeth già dal duetto con Lady Macbeth nel primo atto, durante il quale viene ucciso Duncan, in linea con un ritratto psicologico che, rispetto al libretto italiano, lo mostra più incerto e tormentato. Lady Macbeth, al contrario, è ancor più avida e risoluta non solo nel duetto, ma anche nella scena che precede la sua aria nel secondo atto, in cui si decide l’assassinio di Banquo.

Verdi Macbeth francese 1865 Escudier
Macbeth, edizione francese 1865

Le differenze tra le due versioni di Macbeth sono ben note e il pubblico del Festival Verdi ha avuto modo di vederle rappresentate entrambe (in italiano) negli ultimi anni. Oltre all’aggiunta dei ballabili nel terzo atto, Verdi ritoccò otto dei quindici numeri che compongono l’opera in maniera più o meno significativa in vista della ripresa parigina dell’opera. Intervenne sul duetto tra Macbeth e Lady Macbeth nel primo atto, nonché su diverse sezioni del Finale secondo e del Finale terzo e sull’aria di Macduff nel quarto atto. Le modifiche più evidenti riguardano però l’aria di Lady Macbeth nel secondo atto, che fu riscritta, il coro che apre il quarto atto, per cui Verdi compose nuova musica, e l’originale Battaglia e scena della morte di Macbeth, sostituiti con un pezzo in stile fugato e con l’Inno di Vittoria che chiude la seconda versione dell’opera.

Il Théâtre-Lyrique intervenne ulteriormente sulla partitura, introducendo alcune modifiche sostanziali non autorizzate e, in alcuni casi, apertamente respinte da Verdi. Le due più vistose riguardano la parte del tenore, Macduff, che a Parigi spettò a Jules Sébastien Manjauze, e cui Carvalho avrebbe voluto dar maggior rilievo: nel Finale secondo, gli fu affidata la ripresa del brindisi e, prima della sua cabaletta nel quarto atto, poté contare su un breve passaggio solistico in luogo dell’originale, dialogico, con Malcom. Verdi aveva categoricamente rifiutato entrambi gli interventi, sottolineando come qualsiasi tentativo di ampliare la parte del tenore non avrebbe fatto altro che sottolinearne l’insignificanza. Fortunatamente si tratta in tutti i casi di modifiche apportate a prove già avviate, per cui è stato sempre possibile ripristinare le intenzioni di Verdi, ricostruendo le sezioni alterate come le aveva previste, ma in lingua francese, sulla base dei materiali esecutivi parigini superstiti.

L’edizione della seconda versione di Macbeth in italiano è motivata innanzitutto dal fatto che Verdi ne completò la partitura nella sua lingua madre. L’adozione dell’italiano consente di impiegare come fonti principali solo materiali autografi, senza contravvenire alle intenzioni di Verdi, il quale portò a termine la revisione prospettando di farla circolare anche in questa veste, in Italia, dopo la prima parigina. Tuttavia, se da un punto di vista cronologico il testo francese si presenta come una traduzione di quello italiano, dal punto di vista esecutivo e della destinazione dovrebbe considerarsi testo principale della revisione dell’opera. Sebbene si possa presumere che almeno alcune delle modifiche sarebbero state apportate anche nel caso in cui la revisione dell’opera fosse stata commissionata da un teatro italiano, di fatto esse furono elaborate in vista dell’esecuzione parigina”.

Macbeth violon
Macbeth, primo violino

La ricerca scientifica è pertanto un passo importante nel processo di conoscenza del lavoro anche di un autore così popolare come Giuseppe Verdi. “La ricerca musicologica e – in particolar modo – quella filologica ha la capacità di influire sui circuiti teatrali contemporanei, alimentando di continuo uno scambio dialettico che coinvolge studiosi, interpreti e pubblico: non solo ricostruendo testi che rispecchino il più possibile la volontà autoriale, ma anche restituendo titoli usciti prematuramente dal repertorio o restaurando la forma originaria di partiture smembrate poco dopo la loro prima rappresentazione. Si pensi a Stiffelio (1850), fin da subito ostacolata dalla censura e poi trasformata in Aroldo (1857). Senza l’edizione critica curata da Kathleen Kuzmick Hansell nel 2003, che ha restituito il testo così come originariamente concepito da Verdi e da Piave, non avremmo conosciuto appieno Stiffelio, e Palazzo Farnese non avrebbe potuto ospitare l’innovativo e provocatorio spettacolo firmato da Graham Vick nel 2017.

Nel caso particolare di Macbeth, la ricerca non solo consente di eseguire la versione 1865 in lingua francese, ma offre anche gli strumenti per realizzarla per la prima volta come si presume Verdi avrebbe voluto fosse eseguita a Parigi, anziché privilegiare a tutti i costi le scelte effettuate per la prima rappresentazione dell’opera. Inoltre mette a nudo – risolvendolo – un problema estetico derivante dalla natura ibrida della seconda versione dell’opera, ovvero la presenza dei ballabili. Tra le modifiche apportate per il Théâtre-Lyrique, l’aggiunta dei ballabili è senz’altro quella più esplicitamente legata alla destinazione francese dell’opera. L’edizione della seconda versione in lingua francese restituisce loro il legittimo contesto esecutivo, al di fuori del quale si rischia di percepirli come un corpo estraneo, di matrice parigina”.