Pesaro, agosto 2017. Il Festival 2017 potrebbe avere essere sottotitolato “le seconde edizioni” Infatti, oltre al precedente Siège de Corinthe, anche per La pietra del paragone trattasi del secondo allestimento nella città natale del compositore, come lo sarà anche la successiva opera in programma.
08 agosto 2017 (prova generale). La Pietra del paragone, melodramma giocoso in due atti, è un punto di riferimento nella prima parte della carriera di Gioachino Rossini. Fu il primo titolo commissionatogli dal Teatro alla Scala, se non il più importante teatro italiano dell’epoca uno dei punti d’eccellenza musicale della ©
17 agosto 2017. Seconda opera nel cartellone del ROF 2017, anche La pietra del paragone come Le Siège de Corinthe è riproposta in una edizione critica aggiornata e dopo quindici anni è possibile riascoltarla in una versione ancora più originale. Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai Luci Vincenzo Raponi penisola. La scrittura scaligera fu sicuramente motivata dai successi e dalla fama che il compositore andava conquistando, ma sicuramente un appoggio decisivo fu quello che perorarono Filippo Galli e Maria Marcolini, cantanti di fama, scritturati in quella stagione al teatro milanese, ai quali sarebbero stati destinati i ruoli principali della nuova opera del giovane Rossini. I due cantanti avevano già cantato lavori rossiniani e avevano instaurato un ottimo rapporto con l’autore, oltre a essere consapevoli che la sua musica avrebbe valorizzato quanto nessun’altra le loro doti di cantanti e artisti, pertanto la scrittura vocale de La pietra è fortemente influenzata dalla peculiarità dei due sommi artisti.
Com’era prassi al tempo, e Rossini non era da meno, nell’opera furono riprese molte pagine di altri lavori che il compositore riteneva di comprovato valore. L’opera è di difficile programmazione per l’arduo impegno riservato ai cantanti, non solo i protagonisti, ma anche agli altri, i quali sarebbe riduttivo e improprio definire secondari. Infatti, le esecuzioni della Pietra, dal 1950 in avanti, si possono contare sulle dita di due mani, e sarebbe qui superfluo farne un elenco. Piuttosto è più interessante rilevare che la prima edizione pesarese del 2002 si basava sull’edizione critica curata da Patricia B. Brauner e Andres Wilkund, i quali hanno approntato l’aggiornamento proposto per l’odierna edizione, esaminando ulteriori diverse fonti secondarie oltre a documenti che si riferiscono alla genesi e alle successive riprese. Queste includono undici copie manoscritte della partitura e due manoscritti incompleti, quattordici pezzi singoli, più due della sostituzione fatta per la prima ripresa a Venezia del 1812. Abbiamo avuto pertanto il piacere di ascoltare una Pietra del paragone leggermente diversa da come la ricordavamo dal 2002, più completa e sotto taluni aspetti rinnovata nell’orchestrazione.
Lo spettacolo proposto era firmato in regia, scene e costumi da Pier Luigi Pizzi, stesso artefice dell’allestimento del 2002, qui modificato per gli spazi dell’Adriatic Arena, riadattato nei costumi e nella regia in funzione della nuova edizione critica. Tutta l’azione si svolge in una villa, forse una dimora per le vacanze, di bellissima fattura architettonica che potremo collocare approssimativamente negli anni ’60-‘70 del secolo scorso. La vicenda è sviluppata in una regia molto elegante, proprietario e ospiti nobili o ricco borghesi gozzovigliano in una vita tipicamente balneare tra drink, partite di tennis, battute di caccia. Un soggiorno agiato e spensierato, ma che al suo interno contiene i classici elementi di ogni epoca, l’amore, l’arrampicamento sociale e l’approfittare di situazioni superiori al proprio stato. Pizzi realizza uno spettacolo molto godibile, fresco, vivace e molto divertente, tracciando con garbata ed esperta mano una vita forse più immaginabile che reale, ma sempre sul filo di un savoir vivre d’altri tempi. Tutti i personaggi sono ben focalizzati nei loro intenti circa genuini, e lo spettatore ne esce appagato. Meravigliosi i costumi, soprattutto quelli femminili, ma anche gli uomini sovente in giacca bianca, quando non in costume da bagno quando si utilizza una vera piscina. Unico neo da rilevare è che il regista, rispetto all’edizione del 2002, abusa oggi si molte scene macchiettistiche che hanno tolto quella tinta elegante che preferivo nello scorso allestimento. Anche i costumi in parte sono cambiati e pur nella grande classe del costumista, si preferivano i precedenti.
Anche in questo spettacolo è impegnata l’Orchestra Sinfonica della Rai, che conferma l’ottima professionalità anche perché guidata dalla frizzante bacchetta di Daniele Rustioni, al suo secondo incarico al Festival. Il maestro milanese inizia subito con una sinfonia molto incalzante e ben staccata nei tempi. Prosegue con ottima fattura narrativa, un ritmo molto teatrale e squisitamente brioso come la partitura richiede. Si dimostra esperto concertatore anche nel cesellare i passaggi più lirici o semiseri come l’aria di Giocondo, pur mantenendo lo stile rossiniano scoppiettante negli assiemi e nelle cabalette. Doveroso rilevare che Rustioni è consapevole delle qualità del cast e la sua direzione è sempre stata in funzione del canto, con un accompagnamento molto peculiare alle necessità dei cantanti. Una prova davvero ragguardevole, nella quale si denotano eleganza e ispirazione.
Altrettanto buona la prova del Coro Maschile del Teatro Ventidio Basso, diretto da Giovanni Farina, che partecipa allo spettacolo in maniera precisa e inappuntabile.
Il cast nel suo complesso non era perfettamente azzeccato, soprattutto nelle scelte azzardate per i ruoli.Delude il Conte Asbrubale di Gianluca Margheri, il quale ha evidenti problemi nei passi di coloratura, non trova un terreno fertile per la sua vocalità troppo contenuta per il ruolo e purtroppo si deve sommare anche una precaria intonazione. Il personaggio scenico era invece ben realizzato ma si doveva anche ascoltare.
Altrettanto fuori parte la giovane Aya Wakizono, Marchesa Clarice, che affronta una parte di autentico contralto con una voce quasi da soprano. Infatti, nel settore grave era completamente afona, e il registro acuto molto limitato. Nei concertati era sovente coperta, sotto taluni aspetti in qualche duetto si poteva apprezzare una certa varietà d’accento ma naufragava clamorosamente nella grande aria del II atto per insufficienza di mezzi.
Meglio il Pacuvio di Paolo Bordogna, che sfodera un talento teatrale innato (anche se potrebbe contenersi dal superfluo) e trova momenti felici con una voce ampia e ben dosata e un’aria spassosissima. Molto apprezzabile Davide Luciano, Macrobio, cantante molto preciso nel canto sillabato attraverso una voce rifinita ed eguale in tutti i settori.
Il miglior cantante era Maxim Mironov, tenore che da tempo ci ha abituato a felici esibizioni. Anche in quest’occasione non è stato da meno, anzi l’eleganza del personaggio, quasi patetico, e l’esibizione vocale sono stati di grande valore. La sua grande aria era cantata con dizione impeccabile e morbido abbandono, cui si aggiunge, in tutta l’opera, un canto sempre corretto e forbito e non meno efficace nei passi di agilità, aspetti che confermando le qualità del tenore russo come una delle migliori carte spendibili nei ruoli rossiniani (e non solo).
Molto acerbe e squilibrate sia Marina Monzò, Donna Fulvia, sia Aurora Faggioli, Baronessa Aspasia, che vocalmente dimostravamo molto mancanze, anche se i personaggi erano divertenti. Bravissimo invece William Corrò, Fabrizio, efficiente cantante, rifinito e impeccabile nei brevi interventi.
Successo clamoroso per tutti al termine.Per l’occasione si è deciso di rispolverare e riallestire sul più grande palcoscenico dell’Adriatic Arena il celebre spettacolo ideato a suo tempo da Pier Luigi Pizzi, dimostrandosi ancora attualissimo, azzeccatissimo nella filologia seppur di stampo contemporaneo, divertente e misurato, un poco audace, ma quel tanto che fa sorridere. Ogni pezzo del grande puzzle è perfettamente al suo posto: la regia puntuale e minuziosa sui personaggi e sulle masse, le belle e funzionali scenografie, gli eccellenti costumi alla moda e le adeguate luci di Vincenzo Raponi.
Sul podio della superlativa Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI, Daniele Rustioni compie un ottimo lavoro soprattutto in termini di colori, sfumature e di dialogo col palcoscenico, indubbiamente complice la bravura di Richard Barker, eccellenza rossiniana, depositario di un sapere che contribuisce a mantenere alti i livelli delle esecuzioni pesaresi.I panni del protagonista, il Conte Asdrubale, sono vestiti dal bravo Gianluca Margheri, cantante sempre corretto – tranne per qualche incertezza iniziale – in possesso di un bel timbro scuro e un colore molto piacevole. Purtroppo lo stile di canto sembra avulso dal contesto rossiniano e molto lontano da quello dei colleghi, tanto da apparire come un pesce fuor d’acqua. La sua recitazione è comunque molto apprezzata dal pubblico, ma non è sufficiente ad evitare alcune contestazioni che gli vengono rivolte al termine della recita.
Pure criticata è la marchesa Clarice di Aya Wakizono, forse a causa della voce piccola che è spesso coperta dal peso orchestrale o dal canto degli altri solisti. A parte ciò la sua tecnica è veramente sorprendente, precisissima e al tempo stesso morbidissima, arricchita da un fraseggio davvero eloquente ed espressivo, oltre a delle agilità puntuali e vellutate, soprattutto in “Se per voi le care io torno”.Il Cavalier Giocondo di Maxim Mironov è un tripudio di colori. Il bravo tenore belcantista riconferma le sue doti tecniche, la sua consapevolezza rossiniana, i suoi virtuosismi sapientemente sgranati, la sua espressività raffinata, il suo portamento elegante, il suo saper legare i suoni con un’ottima capacità di rendere sfumature e accenti.
Eccellenti, brillantissimi, precisissimi, vere punte di diamante, il Macrobio e il Pacuvio di Davide Luciano e Paolo Bordogna, veri rossiniani DOC.
Molto buone anche le parti di contorno con Aurora Faggioli nel ruolo della Baronessa Aspasia, Marina Monzò nella parte di Donna Fulvia e William Corrò nei panni di Fabrizio.
Ottima la prova del Coro del Teatro Ventidio Basso diretto da Giovanni Farina.
ROSSINI OPERA FESTIVAL 2017 - XXVIII Edizione
Adriatic Arena
LA PIETRA DEL PARAGONE
Melodramma giocoso in due atti
Libretto di Luigi Romanelli
Musica di Gioachino Rossini
Edizione critica della Fondazione Rossini, in collaborazione con Casa Ricordi a cura di Patricia B. Brauner e Anders Wiklund. Aggiornamento 2017
Personaggi:
Interpreti:
Marchesa Clarice
Aya Wakizono
Baronessa Aspasia
Aurora Faggioli
Donna Fulvia
Marina Monzò
Conte Asbrubale
Gianluca Margheri
Cavalier Giocondo
Maxim Mironov
Macrobio
Davide Luciano
Pacuvio
Paolo Bordogna
Fabrizio
William Corrò
Coro del Teatro Ventidio Basso
Direttore
Daniele Rustioni
MN.o del coro
Giovanni Farina
Regia, scene e costumi
Pier Luigi Pizzi
Produzione Rof 2002. Riallestimento 2017
FOTO dello Studio Amati Bacciardi
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